Bongiorno (Sicindustria): “Infrastutture, meno burocrazia e sfruttamento del gas per il decollo dell’Isola”

(Gregory Bongiorno, presidente di Sicindustria)
Il presidente dell’associazione degli industriali siciliani: “La regione ha potenzialità ma va resa attrattiva per gli investitori. Ponte sullo Stretto fondamentale, ma bisogna investire su tutta la logististica. Sfruttare i nostri pozzi per la transizione ecologica”
Scenari e aspettative della principale associazione degli industriali nella Regione autonoma. Una Sicilia economicamente dotata di un potenziale enorme, e orientata sul futuro ma martoriata dal passato.
La Regione adesso si relaziona in un contesto a dir poco inedito. Due gli interlocutori: il nuovo presidente della Regione, Renato Schifani, e Giorgia Meloni, con il suo emergente governo. Ne abbiamo parlato insieme al presidente di Sicindustria, Gregory Bongiorno.
Come si pone Sicindustria nei confronti del nuovo governo?
“Sicindustria, così come tutto il sistema confindustriale, è autonoma, apartitica e agovernativa. Noi non tifiamo per nessuno, siamo rispettosi delle istituzioni e valutiamo nel merito i singoli provvedimenti.
Quello che auspichiamo e che chiediamo è che le schermaglie parlamentari non incidano sulle azioni del governo perché le attuali emergenze richiedono unità, rapidità, capacità e qualità della risposta.
Sicuramente desideriamo avviare con il nuovo governo un dialogo costruttivo e un confronto fatto di proposte nell’interesse del mondo produttivo siciliano”.
L’aumento del tetto al contante è un via libera per alimentare l’economia sommersa e il riciclaggio, oppure può rivelarsi utile in qualche modo?
“Non è un tema che appartiene a Confindustria. Le nostre imprese pagano e ricevono tramite bonifici e nel rispetto delle norme antiriciclaggio. Ci sono altri temi da affrontare e su cui stiamo focalizzando la nostra attenzione”.
Cosa si aspettano gli industriali siciliani dalla politica del governo Meloni?
“Tutti, e non solo i siciliani, si aspettano interventi importanti sulle principali emergenze che stanno mettendo al tappeto imprese e famiglie: caro energia e inflazione.
Finora abbiamo fatto l’impossibile, ma adesso non possiamo più reggere, tutte le produzioni sono in crisi e le famiglie perdono sempre più il loro potere d’acquisto, scatenando un circolo vizioso molto pericoloso.
In tal senso abbiamo già chiesto, ad esempio, un intervento del governo sul cuneo fiscale, così da aiutare le imprese a essere più competitive e, al contempo, aumentare la busta paga dei lavoratori”.
Non sarebbe ora di migliorare i collegamenti aerei sull’isola affinché venga favorito il turismo e gli investimenti esteri?
“Il tema è più complesso e riguarda in generale la condizione di insularità e la situazione infrastrutturale della Sicilia. Basti pensare che, secondo uno studio effettuato dalla Regione che prende in considerazione anche i costi dei trasporti e il loro impatto sugli operatori economici, i costi dell’insularità ammontano a circa 6,04 miliardi di euro all’anno, pari al 6,8% del Pil complessivo regionale.
È chiaro quindi che i collegamenti aerei sono necessari, ma che occorre contemporaneamente intervenire sull’intera filiera della logistica, alla base di qualsiasi idea di sviluppo.
Le risorse ci sono, ma rimane sempre il tema della capacità di utilizzarle in modo efficace e tempestivo.
Bisogna intervenire sui meccanismi che, a partire dalla pianificazione e dalla programmazione, possano rendere certi i tempi per la messa a terra delle opere”.
Cosa ne pensa del ponte sullo stretto di Messina?
“Il ponte è un tassello fondamentale per assicurare la continuità territoriale, oltre a essere il nodo di completamento del corridoio della rete TenT previsto dall’Unione europea.
Ma rappresenta anche l’elemento su cui innestare una efficiente rete di trasporti a livello orizzontale”.
Quali sono principalmente gli investitori stranieri in Sicilia che si rivolgono a voi, e cosa lamentano?
“I settori sono molteplici. Al di là della provenienza, gli imprenditori che investono in Sicilia lamentano tutti le stesse cose, ossia la mancanza di quelle condizioni di contesto necessarie per produrre: aree industriali fatiscenti, carenza infrastrutturale, tempi insostenibili della burocrazia, un atteggiamento anti impresa che spesso ha caratterizzato la nostra classe politica.
La Sicilia ha tutte le carte in regola per essere attrattiva, ma è necessario creare un habitat favorevole per chi vuole produrre creando ricchezza e occupazione”.
Transizione ecologica, cosa si sta facendo per favorire il fotovoltaico? Ci sono ancora, ed è evidente, lungaggini burocratiche per tutti.
“Quando parliamo di transizione ecologica non ci riferiamo solo al fotovoltaico. La Sicilia conta qualcosa come 129 pozzi di gas naturale e olio greggio tra terraferma e mare, raffinerie, il gasdotto che dall’Algeria arriva a Mazara del Vallo ma anche 45 gigawatt di energie rinnovabili in attesa del via libera e più di 250 progetti per impianti eolici a terra e in mare.
Un patrimonio fondamentale per il Paese, soprattutto in un momento come questo, che però continua a scontrarsi con iter burocratici allucinanti che rischiano di far perdere anche le risorse del Pnrr oltreché di far pagare a famiglie e imprese bollette salatissime”.
Quanto conta l’Unione europea per la Sicilia?
“L’Unione europea conta molto per tutta l’Italia. E torno sul tema del caro energia: da sola, l’Italia non ce la può fare. Bisogna che intervenga un’Europa unita capace di condividere sforzi e misure con una politica energetica unitaria.
Ci sono a rischio migliaia di aziende, ovvero centinaia di migliaia di posti di lavoro. In questo l’Unione europea deve cambiare mentalità, non si può essere tutti d’accordo sulle sanzioni alla Russia e poi andare ognuno per conto proprio sulle politiche energetiche”.
Pnrr, ci sono 9 miliardi di euro messi a disposizione dal Piano, più 1 miliardo di ulteriori fondi europei non utilizzati. Riuscirete a sfruttarli tutti?
“Va precisato innanzitutto che queste risorse non sono tutte disponili per il mondo delle imprese, ma anche e soprattutto per gli enti pubblici.
A tal riguardo sarà importante la capacità di progettazione e gestione delle misure da parte di questi ultimi. E questo è il vero tallone d’Achille.
Per quanto riguarda le aziende per potere utilizzare i fondi messi al loro disposizione auspichiamo che vengano predisposti bandi e procedure compatibili con i tempi dell’impresa e degli investimenti. Purtroppo il passato più recente ci fa dire che spesso non è stato così”.
C’è un ministro del Mare in questo governo, come pensate di interfacciarvi per i Marina e i vostri cantieri nautici, ma anche per l’hospitality e quel particolare tipo di turismo che partecipa in egual misura all’economia del mare? Ci sono dei piani, delle proposte oppure delle richieste in particolare che pensate di apportare al ministro Nello Musumeci?
“L’economia legata al mare riveste una rilevanza notevole non solo per la Sicilia ma per l’intera Penisola. Occorre tornare a guardare il mare non come un ostacolo, ma come un’opportunità.
Il sistema nazionale marittimo vale il 3% del Pil; un terzo degli scambi commerciali internazionali avviene via mare, una quota seconda soltanto al trasporto su gomma e anche il traffico passeggeri è una voce importante, in cui spicca la dimensione del settore crocieristico.
In quest’ottica l’istituzione di un dicastero del Mare rappresenta una grande opportunità. Per quanto ci riguarda il dialogo con Musumeci è sempre leale e costruttivo e siamo certi che farà il massimo non soltanto per la Sicilia ma per tutta l’Italia”.
Gli industriali siciliani si sentono tutelati delle forze dell’ordine? A quanto pare risorse e strumenti adeguati scarseggiano.
“In Sicilia le forze dell’ordine hanno raggiunto risultati davvero importanti. Oggi un imprenditore che riceve richieste estorsive ha tutti gli strumenti per denunciare e noi, come sistema, continuiamo a ripetere che questa è l’unica strada da seguire.
Chi denuncia è affiancato non soltanto dalle forze dell’ordine, ma anche dal sistema associativo. La solitudine che avvolse Libero Grassi non è più concepibile”.
La Sicilia potrebbe diventare un punto altamente strategico in virtù degli scenari completamente rivoluzionati delle rotte del gas. Sicindustria ha un piano in questo senso, anche solo guardando all’indotto?
“Questo è un tema che rientra nel piano di politiche energetiche regionale e nazionale. Ci auguriamo che si possa incidere in maniera significativa così da far sì che le Pmi siciliane possano essere più competitive grazie anche ad interventi su fattori strategici”.
Di Andrea G. Cammarata
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