Bonomi e le nuvole grigie sull'ex Ilva: "Stessi errori del passato"

(Carlo Bonomi, presidente di Confindustria)
In audizione alla commissione industria del senato, il leader dell'associazione avverte: "L'amministrazione straordinaria estromette l'azionista e avrà gravi conseguenze sull'indotto, cioè sui fornitori e sui loro dipendenti, Invece questi dovrebbero essere privilegiati"
C'è "un fil rouge" sulle prospettive di intervento per l'ex Ilva: "E' l'incertezza", avverte il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, in audizione di fronte alla Commissione Industria del Senato.
C'è "un'incertezza dovuta al tema della deduzione, che vorrebbe dire che i fornitori di Ilva dovrebbero essere privilegiati prima e per intero del loro credito. Ma qui noi non abbiamo dati, ma credo che non li abbia neanche la politica.
Noi non sappiamo qual è realmente l'eventuale attivo di una amministrazione straordinaria e quindi quanto potrà essere ripartito ai fornitori", spiega il leader degli industriali.
Poi, "c'è una frase nella relazione tecnica di accompagnamento sulla 'soluzione di continuità' e questo ci spaventa molto - avverte - perché non è nella norma, è nella relazione, quindi facilmente superabile, ma crea veramente un grande problema di incertezza: cosa si intende per soluzione di continuità?
Ovviamente coloro che fino ad oggi hanno garantito forniture ma ci potrebbero essere anche aziende dell'indotto che non hanno avuto la capacità di reggere fino ad oggi e sarebbero escluse in base a questa sottolineatura nella relazione tecnica di accompagnamento.
Sarebbero escluse dalla produzione, il che sarebbe un danno forte, ed eventualmente con qualche profilo di incostituzionalità. Quindi creerebbe un incognita gigantesca".
Il grande tema dell'indotto
E prosegue: "Va poi tenuto conto che il tema dell'indotto "non è solo Taranto e la Puglia", ci sono "anche aziende fuori regione e questo va tenuto in conto". E "come verrà definita dagli eventuali commissari l'infungibilità dei fornitori per essere considerati nell'indotto?".
Per il presidente di Confindustria, quindi "più sarà specifica la norma, meglio sarà perché creerà meno problemi". "Ad oggi - aggiunge - nessuno di noi conosce lo stato degli impianti, quanta manutenzione è stata fatta a che punto sono i processi di ambientalizzazione. Sono veramente tante le incognite".
E "sembrerebbe, leggo oggi una notizia dell'Ansa, che Acciaierie d'Italia non fornisca neanche i dati dei crediti dei fornitori. Ci muoviamo tutti in una situazione di completa incertezza dei numeri e dei dati".
Attenzione ai campanelli d'allarme
"In questi giorni ho riletto ciò che rappresentammo in Parlamento 9 anni fa sullo stesso tema", evidenzia il leader degli industriali in audizione.
"Ne cito uno stralcio - dice -, solo per evidenziare che, a distanza di un decennio, la situazione che fronteggiamo oggi è per molti aspetti analoga a quella di allora".
Ripete quindi le stesse parole di nove anni prima: "Confindustria - si legge in quel testo - predilige da sempre soluzioni di mercato, tuttavia non ha una posizione pregiudizialmente negativa rispetto a forme di intervento pubblico nel controllo e nella gestione di impresa, a condizione però che esse siano: inserite in un quadro chiaro di obiettivi di politica industriale tale da limitare gli interventi a situazioni di effettiva necessità; temporanee e con una precisa prospettiva degli esiti cui devono condurre; finalizzate a creare le condizioni economiche e ambientali tali da garantire il ripristino di una situazione di 'normalità', che consenta di restituire in tempi brevi al mercato le imprese interessate".
Pesanti conseguenze
Carlo Bonomi quindi prosegue: "Ora come allora, siamo alle porte di un'amministrazione straordinaria, che estromette l'azionista privato dalla gestione e prelude al controllo, da parte dello Stato, di una grande infrastruttura industriale del Paese.
Ora come allora, l'avvio di questa procedura avrà pesanti ricadute sull'indotto dello stabilimento, cioè sui fornitori e sui loro dipendenti. Ora come allora, assistiamo a norme ad hoc, rubricate col riferimento a impianti di interesse strategico, ma in realtà pensate per essere applicate a un unico operatore economico.
Ora come allora, constatiamo come il grande assente dal dibattito siano le prospettive della produzione di acciaio in Italia e, in questo contesto, quelle industriali dello stabilimento tarantino, strettamente connesse al suo risanamento ambientale".
"Diamo atto al Governo di aver ereditato questa situazione - aggiunge il presidente di Confindustria -. Non è la sede per istruire processi a questo o a quel soggetto, forza politica, decisore istituzionale e, comunque, a poco servirebbe, se non a evidenziare qualche utile lezione da quel passato".
Serve oggi "un piano di politica industriale" ed "è il motivo per cui il dibattito non può rimanere ancorato a se attivare e come gestire una procedura concorsuale".
Redazione Cuoreeconomico
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