Borghetti (Uil ER): “Alluvione, cittadini e imprese vogliono risposte e non campagna elettorale permanente”

(Marcello Borghetti, segretario regionale Uil Emilia-Romagna)
Il neo segretario regionale del sindacato a CUOREECONOMICO: “Passerelle politiche e poca volontà di fare scelte lungimiranti non solo per la regione ma per tutto il Paese. Ristori, fondi, infrastrutture: servirebbe fare in fretta. Sarebbe stato meglio nominare commissari i presidenti delle regioni coinvolte. Non è abbattendo i redditi che si crea sviluppo sostenibile. Dobbiamo chiederci che tipo di Paese vogliamo costruire, perché la situazione è preoccupante”
“Di fronte a problemi concreti occorrono risposte concrete. Al di là di ogni colore o polemica politica”. Se potessimo ascoltare la voce dell’Emilia-Romagna alluvionata sarebbe probabilmente questo il messaggio più ricorrente, tra ristori che tardano ad arrivare e l’autunno che sta per cominciare.
Così la pensa anche il segretario regionale della Uil, Marcello Borghetti, recentemente salito al timone dell’Unione italiana del lavoro ma già pronto, con maniche ben rimboccate, a rappresentare le molte istanze di questi territori, dove la gente, si sa, non è usa ad attendere gli eventi con le mani in mano.
Segretario, il 2023 non è stato un anno facile per l’Emilia-Romagna, qual è la situazione dal suo punto di vista?
“Il problema principale, indubbiamente, è l’alluvione. Ma questo non è un problema locale, sebbene riguardi una parte importante della nostra regione.
Ci stiamo accorgendo che le criticità generate da eventi meteorologici estremi fanno parte di quel cambiamento climatico che molti ancora negano, e che dovremmo impegnarci a costruire uno sviluppo sostenibile, accelerando il passo, senza perdere tempo in tante discussioni.
Purtroppo ci stiamo rendendo conto che questi eventi colpiscono aree sempre più estese di tutto il territorio nazionale e questioni come la ricostruzione, o i risarcimenti, non sono più legate esclusivamente alla zona in cui l’emergenza si è verificata, ma diventano problematiche molto più ampie, che ci riguardano come Paese. Il clima è cambiato, i fenomeni meteorologici si fanno più estremi e servono contromisure urgenti”.
In Emilia-Romagna i danni sono stati ingenti…
“Purtroppo è così. L’evento alluvionale che si è verificato ha interessato una parte molto ampia del nostro territorio, numerose province hanno subito danni estesi e si stima che sia stato colpito il 30 percento delle aree della produzione regionale, con danni ingenti alle imprese, alle famiglie, a settori fondamentali come l’agricoltura.
E poi c’è l’Appennino, dove si sono verificate frane importanti e che va sostenuto, perché se si abbandonano i presidi in montagna si pongono a rischio anche aspetti importanti come la conservazione dei fiumi che scaricano a valle.
Quindi le necessità sono molte, sul fronte economico ma anche di sicurezza del territorio, sociale. Occorre una risposta da parte dello Stato, a livello nazionale, al di là delle polemiche inutili, del colore politico: ci troviamo dinanzi problemi complessi, che richiedono soluzioni concrete”.
Non solo l’Italia, del resto, è alle prese con i gravi effetti dei fenomeni meteoclimatici. Pensiamo, ad esempio, alla Grecia…
“Purtroppo nessuno è al sicuro rispetto all’emergenza climatica, non governiamo la natura in modo democratico, non possiamo decidere quali conseguenze si verificheranno. E se ciò che si verifica è il frutto dello sviluppo della civiltà industriale il problema non è filosofico.
Nel momento in cui si costruiscono i nuovi insediamenti industriali o abitativi, e si ricostruiscono luoghi già danneggiati, occorre rivedere il nostro modello produttivo”.
Tornando alla ricostruzione in Emilia-Romagna: si sono registrati ritardi importanti rispetto all’erogazione di risorse nazionali. Ci sono responsabilità politiche?
“Temo ci siano delle responsabilità politiche. Noi come Uil cerchiamo sempre di essere attenti a non entrare nel tritacarne della politica, perché se la politica in generale è democrazia, una cosa diversa sono i politici, è la politica del momento.
E io non vedo questa capacità di mediazione, pur nella reciprocità delle parti, e di compiere la scelta più lungimirante per il Paese. Vedo una campagna elettorale permanente, che tiene in ostaggio, ormai, il Paese.
E non produce un dibattito funzionale alle esigenze del momento, ma ne crea uno artefatto, determinato, appunto, non dalla volontà di risolvere un problema, ma per un tornaconto elettorale. Ed è un film, questo, che si ripete su qualsiasi questione, da quelle nazionali, a quelli legate ai territori, come l’alluvione”.
Al di là dei fondi, c’è un tema di struttura amministrativa. Serve anche quella…
“L’autunno si avvicina, le persone hanno paura che eventi simili a quelli dello scorso maggio si verifichino di nuovo, magari a fabbrica appena ricostruita.
I cittadini farebbero volentieri a meno della disputa politica, perché hanno bisogno di interventi effettivi, reali, e, soprattutto, di accelerare sulla ricostruzione. Come Uil avevamo evidenziato che la scelta più opportuna sarebbe stata quella nominare, come Commissario, il Presidente della Regione, anche per una questione di celerità.
Poter procedere con una struttura amministrativa già collaudata, a prescindere dal colore politico di tale struttura, secondo noi avrebbe accelerato i tempi.
Perché il Presidente della Regione conosce i sindaci, conosce il territorio, conosce l’apparato che è necessario mettere in moto. Dopo il terremoto, poi, disponevamo di procedure collaudate, per effettuare verifiche, raccogliere le segnalazione dei danni, per l’utilizzo delle risorse.
Rimanere fermi per molte settimane su questa polemica relativa al Commissario ha portato, non solo a perdere quelle settimane, ma a individuare una struttura commissariale che, pur lavorando bene, questo per me non è in discussione, si trova a dover intervenire in un territorio che è importante conoscere, e chiaramente questo richiede tempo”.
Assieme al Patto per il Lavoro e per il Clima avete incontrato il Commissario Figliuolo il 31 agosto scorso. Com’è andato l’incontro?
“Sono state date alcune indicazioni, è stata fatta un’ordinanza per le somme urgenze e, dunque, per finanziare una serie di interventi che erano già stati anticipati dai Comuni, e questo è importante per la messa in sicurezza del territorio.
Ma il fatto che siano stati anticipati a livello locale ha creato comunque polemiche. Inoltre, sono state annunciate, come prossime, delle ordinanze che riguardano i ristori per imprese e famiglie. Il fatto che i fondi, a oggi, non siano ancora arrivati, però, preoccupa
E c’è anche il tema della gestione delle domande: sulla base di queste ordinanze si inizieranno a raccogliere le richieste, il che metterà in moto un meccanismo che richiederà personale tecnico qualificato e c’è il timore che i Comuni, a invarianza organica, si trovino in difficoltà.
A differenza del Pnrr sul quale è stata data la possibilità, agli Enti locali, di dotarsi di ulteriore personale, sull’alluvione abbiamo una mole di lavoro che si preannuncia complessa se rapportata alla dimensione locale.
La mia impressione è che, senza personale aggiuntivo - che è stato chiesto ma che non è stato concesso - si generi un collo di bottiglia. E non certo per colpa dei dipendenti comunali e degli uffici tecnici, ma per il modello scelto.
Col terremoto c’era una sovrastruttura commissariale, qui si pone tutto sul piano locale. E c’è preoccupazione. Non dimentichiamo che parliamo della pelle delle persone”.
Sul fronte nazionale c’è anche un problema di risorse. La Manovra si preannuncia complessa…
“Rispetto ai tanti annunci roboanti fatti l’anno scorso in campagna elettorale mi pare che quella che si preannuncia sia una Manovra deludente. Ed è evidente che anche la ricostruzione sconti il fatto che le risorse non ci sono.
Qui, tuttavia, occorrerebbe anche confrontarsi con l’Europa, perché se ritorniamo all’Europa del Patto di stabilità, se dopo alcuni anni di apertura per il Covid reintroduciamo delle regole strette per cui delle dinamiche come quelle climatiche, che creano danni, rientrano in difficoltà di bilancio per cui i soldi, i Comuni, non sono in grado di utilizzarli, c’è da ripensare al nostro Paese e a come si rapporta a un’Europa dell’austerità, che ha creato tanti danni sociali. Tuttavia, sul tema delle risorse c’è anche un problema politico, come abbiamo detto”.
La Regione ha avanzato la proposta di introdurre il credito d’imposta, ovvero l’anticipo dei fondi, da parte delle banche, ai privati, poi restituiti alle banche stesse dallo Stato, già collaudato durante il terremoto.
“E anche su questa proposta, che noi abbiamo condiviso, ci troviamo ad assistere all’ennesimo siparietto politico. Così come condividiamo la proposta di utilizzare le risorse non spese del primo Decreto Alluvione per la cassa integrazione, che ammontano a circa 900 milioni di euro, dei quali sono stati utilizzati solo 28 milioni.
Perché non mettere quelle risorse nella disponibilità del Commissario? Sarebbe già un segnale importante. Ma anche su questo tema c’è stata una sorta di silenzio, che io reputo un errore. La politica non può pensare che i cittadini accetteranno mai che la ricostruzione possa avvenire in 9 o 10 anni”.
Questo, del resto, è un momento storico complesso per imprese e famiglie, su cui gravano inflazione, gli effetti della crisi energetica, e persino la politica, adottata dalle banche centrali, di rialzo dei tassi.
“Una politica che blocca gli investimenti. Se la Bce pensa che la spada da utilizzare per combattere l’inflazione sia quella di paralizzare gli investimenti alzando i tassi, e quindi rendendo difficile l’accesso al credito in un sistema che avrebbe bisogno, invece, della misura contraria, anche a fronte di un’inflazione generata in più che altro dalla speculazione, trovo sia una ‘medicina’ del tutto sbagliata.
Occorrerebbe, al contrario, mandare segnali di investimento. Da questo punto di vista trovo sbagliate le politiche europee, sia sul Patto di stabilità, sia della Banca Centrale Europea”.
Qual è, secondo lei, la giusta direzione?
“Rimettere al centro le persone, anche in funzione delle sfide che ci attendono, dei cambiamenti che stanno interessando il mercato del lavoro e l’occupazione, il clima, le nuove tecnologie, la necessità di formare nuove competenze per essere competitivi, lo sviluppo sostenibile.
Se dimentichiamo le persone, a partire dalle donne e dai giovani, i più penalizzati dal mercato del lavoro, allora manca un pezzo fondamentale in questo puzzle che punta allo sviluppo della nostra società. Trovo deludenti, da questo punto di vista, le politiche generali e le politiche europee”.
Parliamo di occupazione?
“Anche. Non è abbattendo i redditi che si genera uno sviluppo sostenibile. Al contrario, si finisce per soffocare il mercato del lavoro, e si genera una competitività malata.
Si sta sottovalutando il problema salariale, che incide anche sulla tenuta delle pensioni. Se poi, a questa miscela, aggiungiamo l’inflazione, il costo sociale diventa estremamente pesante.
Dobbiamo chiederci che tipo di Paese vogliamo costruire, perché la situazione è preoccupante. E anche le misure varate dal Governo, quando ci sono, sono molto collocate nelle fasce bassissime di reddito. Che vanno aiutate, certo, ma non tramite bonus o misure estemporanee, bensì strutturali.
Ed occorrono provvedimenti che incidano anche su quel ceto medio di lavoratori e pensionati che vengono sempre esclusi, altrimenti si finisce per alimentare le maglie della povertà. Dobbiamo puntare sull’emancipazione della società, traendo spunto anche dagli errori commessi nel ventennio ultimo”.
Ad esempio?
“L’austerità non ha creato un sistema produttivo più affidabile, l’assenza di regole non ha prodotto una El Dorado della ricchezza sufficiente a far stare bene tutti. È la politica a dover definire il modello della società e quali sono le regole per poter entrare e fare profitto.
Non è possibile venire a fare profitto qui, prendere magari degli incentivi, e poi portare la produzione altrove. Non dovrebbe funzionare così. Perché in questo contesto, in questa degenerazione, c’è chi pensa che la strada migliore sia allargare l’illegalità, il sommerso, o magari c’è chi ritiene che la direzione migliore sia l’evasione fiscale.
Ed è qui, in questo scenario culturalmente poco attento alla qualità del lavoro o alla valorizzazione della persona, che si inseriscono le morti sul lavoro, frutto spesso della grossolaneria e di un profitto che mette in secondo piano la vita delle persone”.
Di Annalisa Dall’Oca
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