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21/09/2021

Cgia: «176 mila imprese insolventi e a rischio usura: aumentare i fondi di prevenzione»

L’analisi sulla base dei dati della Centrale Rischi della Banca d’Italia. Il centro studi Cgia: «Settembre mese di scadenze che potrebbe spingere le pmi in difficoltà economica a “contattare” usurai od organizzazioni criminali per acquisire la liquidità»

Rischio usura per le imprese italiane, una su tre è al Sud. Sono poco meno di 176.400 le imprese italiane che si trovano in sofferenza e Roma, Milano, Napoli e Torino sono le realtà territoriali maggiormente in difficoltà.

Parliamo di società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. È questa l’analisi della Cgia.

«Una “bollinatura” che, per legge, non consente a queste aziende di accedere ad alcun prestito erogato dal canale finanziario legale.

Pertanto, non potendo beneficiare di liquidità, rischiano, molto più delle altre, di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai.

Per evitare che la platea di queste aziende in difficoltà aumenti, la Cgia spera che il Governo Draghi potenzi le risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura” e aiuti le banche a sostenere le imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione.

Grazie all’attivazione di queste due misure, lo stock complessivo delle aziende in sofferenza non dovrebbe crescere».

Come era prevedibile, a livello provinciale il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane.

Al 31 marzo scorso, Roma era al primo posto con 13.310 aziende: subito dopo scorgiamo Milano con 9.931, Napoli con 8.159, Torino con 6.297, Firenze con 4.278 e Brescia con 3.444.

Le province meno interessate sono Belluno (con 360 aziende segnalate alla Centrale Rischi), Isernia (333), Verbano Cusio-Ossola (332) e Aosta (239) (vedi Tab 1).

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Se analizziamo i dati 1 Al 31 marzo 2021 ammontavano a 176.373, l’area più a “rischio” è il Sud: qui si contano 57.992 aziende in sofferenza (pari al 32,9 per cento del totale), seguono il Centro con 44.854 imprese (25,4 per cento del totale), il Nordovest con 43.457 (24,6 per cento del totale) e infine il Nordest con 30.070 (17 per cento del totale).

Secondo il Ministero dell’Interno nel 2020, annus horribilis dovuto alla pandemia, le denunce per usura sono salite a 222 (+16,2 per cento rispetto al 2019).

Cgia sottolinea che «Da sempre le scadenze fiscali fungono da “innesco”, spingendo molte piccole aziende in difficoltà economica a “contattare” usurai od organizzazioni criminali per acquisire la liquidità necessaria per onorare questi impegni.

Quest’anno, poi, il mese di settembre è in assoluto il più ricco di scadenze fiscali, anche perché riprende l'attività di riscossione e notifica di nuove cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate. Poi l’Irpef, l’Ires, l’Irap e l’ Iva. Un vero e proprio tour de force».

Nel 2020 ai due enti erogatori (Confidi e Fondazioni) sono stati assegnati complessivamente 32,7 milioni di euro: di cui 23 milioni ai primi e 9,7 milioni di euro ai secondi.

«Cifre importanti che, però, secondo la Cgia andrebbero implementate: il Covid, purtroppo, ha spinto molte aziende sull’orlo del fallimento.

Attività che se non aiutate rischiano di scivolare nell’insolvenza o, nella peggiore delle ipotesi, nella rete tesa da coloro che vogliono impossessarsene con l’inganno, alimentando così l’economia criminale».

Cgia chiude sottolineando che «L’aumento dei prestiti alle imprese si è esaurito. Dopo l’introduzione delle misure messe a punto dal governo Conte bis (marzo 2020), lo stock ha cominciato a crescere raggiungendo il picco massimo a novembre 2020, per poi iniziare una lenta discesa fino allo scorso mese di luglio quando è stato sotto quota 743 miliardi di euro.

In altre parole possiamo affermare che, ad oggi, l’azione di sostegno alle imprese in materia di credito si è esaurita».

Di Luigi Benelli
(Riproduzione riservata)

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