‘D’ GLOCAL ESG89 TERRITORI | Felici (Confartigianato Imprese Piemonte):’In ogni politica regionale e nazionale va data priorità ai piccoli imprenditori’

(Giorgio Felici, Presidente Confartigianato Piemonte)
ESG89 presenta la prima edizione del ‘D’ GLOCAL ECONOMIC FORUM – STATI GENERALI DELLE ECONOMIE DEI TERRITORI iniziando così un lungo cammino che nei prossimi mesi ci porterà ad analizzare la situazione socio-economica lungo tutto lo stivale. CUOREECONOMICO e ESG89 si dedicano da sempre all'approfondimento con un approccio "glocal" (globale e locale), focalizzandosi su temi di sviluppo sostenibile, territori, imprese e politica, attraverso eventi, pubblicazioni e analisi, con l'obiettivo di informare il mondo istituzionale e aziendale. L’Obiettivo? Raccontare in modo compiuto l’economia dei territori, promuovendone l’eticità e la sostenibilità e collegando le realtà locali alle dinamiche globali
‘I numeri delle imprese artigiane e di occupati riportano una costante diminuzione durante gli ultimi anni; una tendenza di lungo periodo dovuta a un insieme di fattori.
Continuano le paradossali politiche recessioniste legate ai vincoli comunitari, aumenta la burocrazia e il credito si sfila progressivamente dalle opzioni in mano agli imprenditori (a giugno di quest’anno i prestiti alle micro e piccole imprese del Piemonte, fino a 20 dipendenti, sono diminuiti del 4,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno).
La crescita dei costi energetici (il Piemonte si colloca al quarto posto tra le regioni più penalizzate, con 181 milioni di euro di extra-costi per le micro e piccole imprese rispetto alla media europea che gravano proprio sulle aree manifatturiere), il caro materiali e i costi di produzione, la debolezza della domanda legata al progressivo impoverimento della popolazione determinano un generale clima di attendismo e sfiducia in un sistema-paese che non è più capitale per cittadini e imprese. Ad essere penalizzate dal costo elevato dei finanziamenti e dall’assenza di un vero impulso espansivo, sono soprattutto le mpi.
Questa situazione di turbolenza rischia di tradursi in un colpo proprio per quei settori simbolo del nostro saper fare. Ora è più che mai necessario che la politica si concentri sulle misure finalizzate ad aumentare la competitività delle aziende, a cominciare dalle indispensabili misure per il contenimento dei costi energetici.
Sul fronte caro energia serve ridurre gli oneri impropri in bollette e diversificare le fonti, il dato sull’extra-costo che pesa sulle imprese del Piemonte è inaccettabile per un sistema produttivo che vive di manifattura diffusa e di piccola dimensione. Se un’azienda piemontese paga 181 milioni di maggiori costi rispetto alla media europea, significa che partiamo svantaggiati rispetto ai nostri concorrenti diretti.
Non chiediamo sconti o trattamenti di favore ma un quadro normativo che metta tutte le imprese sullo stesso piano, indipendentemente dalla dimensione. L’energia deve essere un fattore di crescita, non un ostacolo. Per questo chiediamo con forza regole più eque e investimenti che garantiscano stabilità e sostenibilità ai nostri territori.
Anche le imprese artigiane piemontesi della meccanica stanno subendo gli effetti di un mix velenoso per il settore i cui ingredienti sono la mancata ripresa del commercio internazionale, una stretta monetaria che riduce gli investimenti, la recessione della Germania, primo mercato delle esportazioni italiane e la caduta libera della produzione automobilistica, su cui pesano le incertezze della transizione verso la mobilità elettrica richiesta del Green deal europeo, e che colpisce un ampio indotto presidiato da imprese, anche artigiane, della meccanica.
Questa miscela di fattori recessivi mette a dura prova la resilienza di un comparto chiave del made in Italy. Una crisi che ha già prodotto un rallentamento degli investimenti e il ricorso degli ammortizzatori sociali che vede il Piemonte brillare in negativo con un aumento di ore autorizzate per la cassa integrazione di oltre il 68%.
Inoltre, nel corso dell’ultimo semestre peggiora la crisi del settore moda, con una accentuazione del calo della produzione e delle esportazioni. Si sta delineando come il terzo annus horribilis per la Moda non solo da inizio secolo ma anche dall’inizio della serie storica nel 1990.
Questa situazione potrebbe mettere sotto scacco le imprese artigiane causando crisi di liquidità e frenata negli investimenti per le evoluzioni di processo, l’acquisto di nuovi macchinari, la rivoluzione degli spazi di lavoro ecc. Tutto questo costa e le Pmi non possono permetterselo e quindi riducono drasticamente la loro capacità di stare sul mercato e di esprimere tutto il loro valore.
Per quanto riguarda, invece, il Green Deal europeo voglio ricordare che è stato presentato nel 2019 dalla Commissione Europea come una strategia di crescita per realizzare la transizione verde nel nostro continente e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Tuttavia, nella sua formulazione e attuazione, il piano ha mostrato evidenti limiti di realismo. In questo scenario, abbiamo più volte sollecitato un cambio di approccio, chiedendo una transizione più graduale, equa e attenta alla diversità del tessuto imprenditoriale italiano ed europeo, che conta un 94% di imprese di piccole dimensioni.
Per venire alla politica nazionale di questi giorni, più precisamente al disegno di Legge di Bilancio Nazionale 2026, esprimo forte preoccupazione per una norma che potrebbe impedire la compensazione dei crediti d’imposta con i debiti previdenziali e contributivi.
Infatti, a partire dal 1° luglio 2026, la compensazione potrebbe essere consentita solo per i crediti d’imposta emergenti dalle dichiarazioni annuali, escludendo dunque i crediti maturati a seguito dell’acquisizione dei bonus edilizi e di altri incentivi. Particolarmente colpite sarebbero le aziende del “sistema casa”, in primis edilizia e impiantistica, e quelle dell’autotrasporto.
E’ una norma che rischia di compromettere la pianificazione finanziaria anche di migliaia di imprese locali con il pericolo di omissioni nei versamenti contributivi, soggette a sanzioni, e una drastica riduzione delle liquidità disponibili. Auspichiamo, pertanto, un intervento in sede di approvazione del disegno di legge che non modifichi la disciplina in vigore che preservi la liquidità e la stabilità delle aziende.
Sul comparto “casa”, la modifica provocherebbe gravi scompensi alle casse delle attività che hanno applicato lo sconto in fattura e stanno legittimamente utilizzando i crediti fiscali per compensare i propri debiti contributivi. Il divieto di compensazione, quindi, rischia di rendere inutilizzabili, in tutto o in parte, le rate dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi, con conseguente perdita e danni economici e finanziari per le imprese.
Se la norma non dovesse venire modificata, colpirebbe e depotenzierebbe anche gli strumenti messi in campo per sostenere gli investimenti, come i crediti d’imposta Industria 4.0, Transizione 5.0 e ricerca e sviluppo e la cultura come il Tax credit cinema. Nel trasporto merci, invece, tra i crediti di imposta non più compensabili dal 1° luglio 2026 rientrerebbero anche il rimborso delle accise sul gasolio utilizzato dalle imprese di autotrasporto. Di conseguenza, la categoria vedrebbe bloccata la compensazione.
Insomma, aspettiamo che a distanza di tre anni il Governo mantenga gli impegni presi in campagna elettorale. Chiediamo buon senso e rispetto della parola data. Guardando a come si prospetta la legge di Bilancio, temiamo che così non sarà. Bisogna cambiare volto al fisco italiano per renderlo più equo, semplice, trasparente e orientato alla crescita, perché oggi paghiamo 28,8 miliardi di maggiori tasse rispetto alla media europea. Le variazioni frequenti delle norme, la loro mancanza di chiarezza, la retroattività cui il legislatore fa ricorso troppo spesso, sono tutti motivi che incidono sul malessere delle aziende. Non si tratta più solo di “pagare le tasse”: le aziende sono sottoposte ad un’autentica predazione fiscale ed esattiva, coerente con la visione del mondo e di una economia liberticida ma non certo di un Governo di centrodestra. Occorre un vero e proprio RESET fiscale. Un fisco predatorio non porta nulla all’erario e genera ulteriore stagnazione economica, incertezza, sfiducia nelle istituzioni e impoverimento sociale. Per contrastare l’evasione non serve inasprire la disciplina penale tributaria ma bisogna diminuire il carico fiscale e mettere a punto un fisco più semplice e trasparente che premi le imprese che producono, creano occupazione e ricchezza. Trascorsi tre anni di Governo Meloni abbiamo il dubbio che questi temi non siano realmente percepiti e che la politica non abbia abbastanza autorevolezza per imporsi sulla struttura amministrativa. Da liberale sono sconcertato dal protrarsi di questa situazione. La legge di Bilancio deve essere l’occasione per un segnale diverso, per dimostrare che al Governo stanno davvero a cuore le nostre aziende, che non sono un bancomat.
L’artigianato costituisce un grande patrimonio culturale ed economico e rappresenta nel mondo l’emblema del gusto, della creatività, dell’unicità del prodotto made in Italy, il “fatto ad arte”, per la sua capacità di essere pezzo unico e su misura, un’enorme risorsa creativa e reattiva contro l’omologazione del gusto indotta dalla globalizzazione. Rappresenta, inoltre, la difesa della memoria, dell’identità e della diversità.
Non dimentichiamo, infine, che l’artigianato è realtà diffusa, costituisce un tessuto vitale per il nostro territorio ed esprime eccellenze qualitative in grado di cogliere la sfida dell'innovazione dei loro processi, della qualificazione delle proprie professionalità, dell'apertura a nuovi mercati, anche internazionali per quanto riguarda la manifattura, soprattutto di alta gamma. E non va neppure dimenticato che l’artigianato di qualità può e deve essere valorizzato anche come strumento di attrazione turistica.
Crediamo pertanto nella forza produttrice delle 117mila imprese artigiane del Piemonte, con oltre 241mila addetti che operano in svariati settori come costruzioni, autotrasporto e autoriparazione, servizi alla persona e digitali, alimentazione e ristorazione, moda, pulizie e tutela del paesaggio e tipico e tradizionale ecc. Un patrimonio di tradizione, conoscenza, innovazione, talento, capacità e lavoro che le imprese artigiane offrono al Piemonte, al resto d’Italia e d’Europa per la crescita economica e lo sviluppo competitivo del tessuto produttivo e per il progresso sociale di cittadini e imprenditori.
Per concludere richiamiamo con forza il principio europeo del “Think small first”: in ogni politica regionale e nazionale va data priorità ai piccoli, che rappresentano l’ossatura produttiva del nostro territorio e dell’Italia’.
Di Giorgio Felici, Presidente Confartigianato Piemonte
(Riproduzione riservata)
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