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26/05/2025

FONDI EUROPEI. Italia ancora al rallentatore, spesi solo il 5% dei finanziamenti disponibili

Dopo oltre tre anni dall’avvio del ciclo di programmazione, i fondi strutturali europei procedono a rilento. A rischio miliardi di euro destinati a coesione, lavoro e transizione ecologica

Un fiume di risorse che scorre a malapena. A più di tre anni dall’inizio della programmazione europea 2021-2027, l’Italia arranca nell’utilizzo dei fondi strutturali, con una spesa effettiva che si ferma a un modesto 5,04% dei 74,9 miliardi di euro complessivi disponibili. Lo rivela un monitoraggio del servizio “Lavoro, coesione e territorio” della UIL, guidato dalla segretaria confederale Ivana Veronese.

I dati parlano chiaro: al 28 febbraio 2025, soltanto il 17,97% dei fondi è stato formalmente programmato (circa 13,5 miliardi di euro), mentre la spesa realmente sostenuta ammonta a poco più di 3,8 miliardi. Un ritmo che preoccupa, soprattutto considerando che il mancato utilizzo entro i termini previsti potrebbe comportare la perdita definitiva di questi fondi.

Il quadro peggiora ulteriormente quando si guardano i dati regionali. Su 48,3 miliardi di euro assegnati ai Programmi regionali (PR), la spesa effettiva raggiunge appena il 6,21%. Alcune Regioni, come la Liguria (18,18%), l’Emilia-Romagna (14,43%) e il Piemonte (13,84%), si distinguono positivamente, dimostrando capacità amministrativa e progettuale. Al contrario, Sicilia (1,19%), Sardegna (2,55%) e Umbria (2,35%) faticano a partire, mentre il Molise non ha ancora rendicontato alcuna spesa.

Ancora più critico l’andamento dei Programmi nazionali (PN), gestiti dalle amministrazioni centrali. Su 26,5 miliardi di euro, gli impegni presi sono solo al 16,23%, con una spesa reale di appena il 2,91% (772 milioni di euro). Alcuni programmi, come “Scuola e competenze”, “Inclusione e lotta alla povertà” e “Giovani, donne e lavoro”, non hanno ancora rendicontato un solo euro. Altri, come “Salute” e “Cultura”, mostrano performance vicine allo zero.

Il dettaglio per fondo conferma un generale rallentamento. Il FESR, dedicato alla coesione economica e territoriale, ha una spesa effettiva del 4,78% su 44,1 miliardi. Il FSE+, che dovrebbe finanziare politiche per l’occupazione e l’inclusione, si ferma al 5,61% su 28,6 miliardi. Praticamente al palo il Fondo per la Giusta Transizione (JTF): su 1,21 miliardi di euro, è stato speso appena lo 0,13%, nonostante sia destinato a aree critiche come Taranto e il Sulcis. Solo il Feampa, destinato al settore marittimo e della pesca, mostra una timida vitalità, con il 5,86% di spesa su 987 milioni.

Ivana Veronese, segretaria confederale UIL, commenta con preoccupazione i dati: “Siamo di fronte a un ritardo sistemico che rischia di compromettere lo sviluppo economico e sociale del Paese, soprattutto nelle aree più fragili. È indispensabile rafforzare la capacità amministrativa, snellire le procedure e vigilare sull'effettivo utilizzo delle risorse.”

Redazione Cuoreeconomico
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