L'economia veneta frena ancora: è già finita la fase espansiva post-Covid

(Mario Pozza, Presidente di Unioncamere del Veneto)
Il report sul quarto trimestre 2023 di Unioncamere segnala una discesa del 2 percento tendenziale e 3,5 nel periodo. Il presidente: “Si conferma la fase di affaticamento del sistema produttivo veneto dovuta in parte anche ai diversi shock ravvicinati che hanno colpito l’economia. In calo la maggior parte dei settori, tengono alimentare e macchinari industriali. Deboli gli ordinativi esteri”
La fase espansiva post covid sembra essersi fermata. Dopo il forte rimbalzo dell’attività manifatturiera veneta nel 2021 (+16,6 percento media annua) e la coda positiva del 2022 (+4,5 media annua), la produzione industriale chiude il 2023 con un calo medio annuo tendenziale del-2 percento (-3,5 nel quarto trimestre 2023), primo dato negativo dopo il periodo Covid.
E nel quarto trimestre 2023 si conferma la debolezza della domanda internazionale, con una raccolta ordini dal mercato estero scesa del -5,6 percento su base tendenziale.
Stabili al 46 percento le imprese interessate da un aumento della produzione, ma i giudizi degli imprenditori sulle prospettive per il primo trimestre del nuovo anno sono incerte, con un 35 percento che si attende una situazione di stabilità della produzione.
È la fotografia che emerge dai dati di VenetoCongiuntura, l’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera realizzata da Unioncamere del Veneto ed effettuata su un campione di oltre 2.000 imprese con almeno 10 addetti, cui fa riferimento un’occupazione complessiva di oltre 93.000 addetti.
L'analisi del presidente Pozza
“I dati ci parlano di una fase di rallentamento, dovuta in parte anche ai diversi shock ravvicinati che hanno colpito l’economia. – commenta il Presidente di Unioncamere del Veneto Mario Pozza – “L’industria manifatturiera regionale sta viaggiando con il freno a mano tirato, in cerca di una strada per normalizzarsi, dopo la ripartenza post-Covid e gli sforzi fatti per contenere l’inflazione e le speculazioni sui prezzi.
Però dobbiamo fare i conti con indicatori in negativo rispetto allo scorso anno. Prima causa: la debolezza della domanda internazionale, con la raccolta ordini dal mercato estero scesa del -5,6%.
È un processo condizionato anche dalla debolezza di alcuni importanti partner economici come la Germania (verso cui è diretto quasi il 14% delle esportazioni regionali e che rappresenta il primo mercato per l’export) e dalle tensioni internazionali che si sono aperte su più fronti (conflitti Russia-Ucraina,Gaza-Israele e la conseguente difficoltà di navigazione nel Canale di Suez).
La speranza è di aver raggiunto il punto di minimo, anche se l’inversione di tendenza sarà probabilmente graduale e differenziata in base ai settori.
L’invito che rinvolgiamo alle imprese è di affrontare questi scenari di incertezza facendo investimenti sulla digitalizzazione, sulla diversificazione dei mercati, sulla sostenibilità, ma una politica monetaria restrittiva non aiuta.
Come sistema camerale, e anche come Assocamerestero di cui sono Presidente, siamo impegnati a supportare le imprese in questi processi di cambiamento, ma serve che cambi il clima di fondo e che l’Europa non arrivi troppo tardi al taglio dei tassi, quando ormai i danni potrebbero essere maggiori dei vantaggi”.
Redazione Cuoreeconomico
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