Sarti, Confidustria Toscana Nord: «Caos materie prime, accelerare sull’economia circolare nel tessile»

(Maurizio Sarti, coordinatore dei produttori di tessuti di Confindustria Toscana Nord)
Il coordinatore dei produttori di tessuti degli industriali: «L’export salva il comparto, serve un allentamento delle restrizioni. Spingere sul turismo industriale per promuovere produzioni e nostre bellezze»
Seppur con aumenti di produzione rispetto allo scorso anno, il tessile sta recuperando terreno. Secondo uno studio di Confindustria Toscana Nord, la produzione industriale del distretto pratese, nel secondo trimestre 2021 è aumentata del 21% sullo stesso periodo 2020 ma -18% rispetto ad aprile-giugno 2019.
Numeri in chiaroscuro anche per l'export, con un +44,5% sul secondo semestre 2020 ma -19,8% sull'analogo periodo 2019.
«L’allentamento delle restrizioni è senza dubbio positivo, ma la gente con la testa è ancora nella pandemia - spiega Maurizio Sarti, coordinatore dei produttori di tessuti di Confindustria Toscana Nord - Ciò che ci salva è l’export proprio perché lo stile del Made in Italy è unico al mondo».
Presidente Sarti, rimanendo nello scenario italiano, il tessile fa fatica con l’aumento di prezzi delle materie prime?
«Sì, perché l’aumento dei costi legati alla corrente elettrica si è registrato già dal 2019. In questi ultimi mesi poi, a causa dell’aumento del costo dei container, facciamo fatica a trovare le materie prime.
Allo stesso tempo sono diminuiti i volumi di affari delle aziende produttrici proprio per la pandemia. Una situazione grave per il tessile che solo un drastico allentamento delle restrizioni potrà risolvere».
Il Pnrr prevede 5 milioni di aiuti a fondo perduto per la formazione. Secondo lei è giusto oppure sarebbe stato meglio privilegiare altre tematiche?
«Gli aiuti vanno bene, ma sono solo 5 milioni per l’intero settore italiano e quindi non è un grandissimo esborso.
Al giorno d’oggi la formazione è fondamentale per competere sul mercato, ma credo che debba cambiare la mentalità del Sistema Italia, non solo di manager e imprenditori, ma anche della politica e della Pubblica amministrazione.
Spesso sentiamo parlare di sostenibilità, ma le norme che la regolano sono spesso contraddittorie e incomprensibili».
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In quale senso dovrebbero andare?
«Nella direzione del riuso. Ad oggi le soluzioni più indicate vanno nel buttare via ciò che è vecchio per il nuovo, ma invece dovremmo imparare a riusare e dare una nuova vita a quello che consideriamo come scarto.
Occorre mettere al centro l’economia nella sostenibilità, allargando il concetto di rispetto dell’ambiente a tutta la filiera del tessile».
La pandemia ha accelerato la digitalizzazione e tante imprese si sono dovute adattare ai nuovi schemi. Il tessile come ha risposto?
«Purtroppo è stato un processo che è arrivato in fretta e furia e ancora oggi non abbiamo un modello di produzione efficace in digitale.
C’è da dire che il tessile si basa più sull’esperienza umana che sull’innovazione, soprattutto nel settore dei semilavorati. Credo che la strada della digitalizzazione sia ancora lunga».
Da molti anni va avanti il turismo industriale. Per lei sono iniziative positive?
«Sì, anche se noi imprenditori che lavoriamo nel mercato internazionale facciamo già questo tipo di operazione.
Credo comunque che queste iniziative rappresentino delle occasioni di alfabetizzazione per il pubblico italiano e internazionale per ammirare musei e siti prestigiosi che però non godono della dovuta pubblicità».
Con le riaperture le fiere hanno assunto un format phygital, cioè un misto tra fisico e digitale. Per lei è una soluzione adatta?
«Il digitale è la soluzione per mostrare i prodotti nel mondo, ma non è come la presenza. La moda per esistere ha bisogno di occasioni si incontro, come le fiere o le sfilate. Il digitale non rende a pieno le emozioni.
Devo dire che si tratta di un format appena nato e quindi penso che dovremmo aspettare per vedere una piena definizione del phygital».
Di Matteo Melani
(Riproduzione riservata)
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