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16/06/2023

L'allarme dell'Istat: nel 2022 una persona su quattro a rischio povertà

(Domenico Proietti, segretario confederale della Uil)

Il rapporto sottolinea come a livello nazionale la quota di popolazione a rischio di esclusione sociale rimanga uguale all’anno precedente. Però, la rilevazione è precedente all'impennata dell'inflazione. Proietti (Uil): "Misure più efficaci per il contrasto alla povertà. Barbaresi (Cgil): "Sbagliato abolire il reddito di cittadinanza". Cucello (Cisl): "Migliorare il nuovo strumento di inclusione"

Nel 2022, il 20,1% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà (circa 11.800.000 individui) avendo avuto, nell'anno precedente l'indagine, un reddito netto equivalente, senza componenti figurative e in natura, inferiore al 60% di quello mediano (ossia 11.155 euro).

A livello nazionale la quota di popolazione a rischio di povertà rimane uguale all'anno precedente (20,1%). Il 4,5% della popolazione (circa 2.613.000 individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, ossia presenta almeno sette segnali di deprivazione dei tredici individuati dal nuovo indicatore Europa 2030.

Rispetto al 5,9% del 2021, sottolinea l'Istat, "vi è una decisa riduzione delle condizioni di grave disagio, grazie alla ripresa dell'economia dopo la crisi pandemica e l'incremento dell'occupazione e dei redditi familiari".

La riduzione della percentuale di popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale è marcata al Nord-ovest e al Centro. Inoltre, il 9,8% degli individui vive in famiglie a bassa intensità di lavoro (indicatore Europa 2030), ossia con componenti tra i 18 e i 64 anni che nel 2021 hanno lavorato meno di un quinto del tempo, percentuale in riduzione rispetto al 10,8% del 2021, come conseguenza delle migliori condizioni del mercato del lavoro. 

La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, ovvero la quota di individui che si trova in almeno una delle suddette tre condizioni (riferite a reddito, deprivazione e intensità di lavoro), è pari al 24,4% (circa 14 14.304.000 persone), sostanzialmente stabile rispetto al 2021 (25,2%).

Questo andamento sintetizza la sensibile riduzione della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale, grazie alla ripresa economica, con una quota di popolazione a rischio di povertà uguale all'anno precedente.  

Lo squilibrio nel reddito

Nel 2021 il reddito medio delle famiglie (33.798 euro) è tornato a crescere sia in termini nominali (+3%) sia in termini reali (+1%).

Nell'anno il reddito totale delle famiglie più abbienti è stato di 5,6 volte quello delle famiglie più povere (rapporto sostanzialmente stabile rispetto al 2020). Tale valore, sottolinea l'Istituto di statistica, sarebbe stato più alto (6,4 volte) in assenza di interventi di sostegno alle famiglie.

Il Sud più povero

Nel 2022 la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale interessa tutte le ripartizioni ad eccezione del Mezzogiorno, che rimane l'area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio (40,6%, come nel 2021).

Al Sud l'indicatore composito rivela un aumento della quota di individui a rischio di povertà (33,7% rispetto al 33,1% del 2021) "e il segnale positivo della riduzione della quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (17,1% rispetto al 19,5% del 2021)". 

Uil: più contrasto alla povertà

Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, sottolinea: "L’Istat certifica che un quarto della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale.

Ancora una volta i dati dimostrano che occorre intensificare il contrasto alla povertà. È stato un errore abolire il Reddito di Cittadinanza e il nuovo strumento definito dal Governo riduce enormemente la platea dei beneficiari.

Per la Uil il contrasto alla povertà è questione fondamentale e deve avvenire attraverso una misura universale e strutturale con forte attenzione all’inclusione sociale. Servono, inoltre, politiche dedicate al Mezzogiorno, che rimane l’area del Paese con la percentuale più alta di povertà".

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Barbaresi (Cgil): sbagliato cancellare Reddito di cittadinanza

"I dati diffusi oggi dall'Istat sono molto preoccupanti e mostrano quanto sia un grave errore perseverare nella cancellazione del reddito di cittadinanza che, nonostante le criticità, in questi anni ha contribuito a ridurre divari e disuguaglianze. Per questo chiediamo di modificare il decreto lavoro".

Così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi, secondo la quale "la conferma che quasi un quarto della popolazione nel 2022 sia ancora a rischio povertà o esclusione sociale non può essere ignorata.

Così come gli 11,8 milioni di persone a rischio povertà (il 20,1%), i 2,6 milioni di individui in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (il 4,5%), cui si aggiunge il 9,8% di persone che, nel 2021, viveva in famiglie a bassa intensità di lavoro.

Sono numeri che richiedono un'azione straordinaria e integrata da parte del governo per prendere in carico tutta la popolazione in condizione di bisogno, senza operare scelte arbitrarie e categoriali come si sta facendo con le misure previste dal 'decreto lavoro' o introducendo versioni moderne delle tessere 'annonarie' come la 'Carta per la spesa alimentare' che esclude proprio i più poveri".

"La legge di conversione del decreto lavoro è ancora in discussione in Senato - sottolinea in conclusione Barbaresi - e occorre intervenire subito per modificarne le previsioni".  

Cucello (Cisl): promuovere nuovo strumento di inclusone

"Il report evidenzia dati positivi rispetto all'inclusione lavorativa, che per la Cisl resta lo strumento principe per far uscire le famiglie dalla morsa della deprivazione e dalla marginalità sociale”, dichiara in una nota il segretario confederale della Cisl Andrea Cuccello.

Siamo impegnati nel promuovere la correzione del nuovo strumento di inclusione sociale che sostituirà il Reddito di cittadinanza perché riteniamo altrettanto importante rafforzare le politiche di protezione sociale per quelle famiglie che per motivi diversi non riescono loro malgrado, ad avere accesso nel mercato del lavoro, soprattutto in alcune regioni del sud.

Per queste che ancora fanno fatica ad agganciare il treno della ripresa, vanno replicati accordi come quello sottoscritto ieri in calabria con l'individuazione di zone economiche speciali capaci di intercettare nuovi investimenti, lavoro di qualità nell'alveo della legalità e della condivisione delle responsabilità tra le parti, istituzionali ed associative”.

Il report completo dell'Istat è consultabile a questo link. 

Redazione Cuoreeconomico
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