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22/02/2024

Manzotti (Cisl Umbria): “Rilanciare il valore aggiunto generato dal lavoro e riportare sul territorio le filiere”

(Angelo Manzotti, segretario generale di Cisl Umbria)

Il segretario regionale del sindacato sulla situazione dell’economia umbra: “Stipendi fra i più bassi d’Italia, gap di 4000 euro l’anno rispetto al centro Nord, primato nazionale per lavoro povero e precario: eppure la regione ha tante potenzialità. Bisogna investire sull’attrattività e la competitività del territorio, puntando sui giovani e sulla conciliazione fra lavoro  e famiglia. Sulla sicurezza occorre confronto con associazioni datoriali”

L’Umbria e il suo potenziale non sfruttato. Ma anche le tante sfide che ha davanti una regione bellissima e complessa, pronta a dispiegare tutto il suo potenziale e che purtroppo però è stretta fra stipendi bassi, evidenti problemi infrastrutturali e la necessità impellente di formare nuove professionalità per dare linfa all’economia e rilanciare il territorio.

Questioni aperte, alle quali si è aggiunta tristemente, in queste ore, quella della sicurezza sul lavoro. Assisi e Umbertide sono stati infatti teatro di gravissimi incidenti. CUOREECONOMICO fa il punto con Angelo Manzotti, segretario generale di Cisl Umbria.

Come inizia l’anno l’economia umbra?

Questo è l’anno giusto per fare in modo che l’Umbria diventi una regione sostenibile per eccellenza: ha le carte in regola per diventarlo. Per prima cosa, dobbiamo cercare di arginare il gap economico sul fronte degli stipendi. Mancano, rispetto ai colleghi del centro-Nord circa 4000 euro l’anno.

Va lavorato su questo, per riequilibrare le retribuzioni e rimettere in circolo nell’economia regionale un po’ di soldi. Questo può avvenire in due soli modi. Il primo è affrontare la questione della produttività, che è una questione vecchia. Attenzione, questo non vuol dire solo aumentare la produzione ma anche il valore aggiunto generato dal lavoro.

L’altra questione è diffondere la contrattazione aziendale: in Umbria se ne fa poca e concentrata in poche realtà. Va estesa alle Pmi che sono il 90 percento del tessuto produttivo della regione.

Vanno fermati i finanziamenti a pioggia, che non hanno fatto crescere la produttività né le imprese, mentre invece vanno individuate premialità per le aziende che assumono giovani, così da incentivarli a restare. E poi aumentare la contrattazione di secondo livello”.

Ma l’Umbria è una regione a due, forse anche tre velocità…

La chiave è mettere a terra i progetti comunitari, non solo il Pnrr. Questa è l’arma vincente, a cui tutti dobbiamo credere. Serve un patto per il mondo del lavoro fra parti sociali e datoriali, con le istituzioni come cabina di regia”.

L’Umbria partecipa, con le sue retribuzioni basse, ai 5 milioni di italiani che si trovano in stato di povertà anche lavorando. Il rischio, con la situazione attuale, è che la forbice si allarghi…

Si sta già allargando. Oggi si è poveri anche lavorando perché l’Umbria ha il triste primato italiano del lavoro povero e precario: in gran parte sono contratti a termine ed in somministrazione, pochissimi quelli a tempo indeterminato, molti addirittura a chiamata.

Soprattutto nei giovani e nelle donne riscontriamo contratti per cosi dire “a part time involontario”, cioè contratti a part-time ma dove invece si lavora a tempo pieno”.

L’Umbria va verso il voto. Fra le proposte rilanciate c’è quella del bonus maternità. La domanda è: a cosa serve fare figli se poi non ci sono i soldi per mantenerli?

Il bonus maternità potrebbe funzionare, ma accanto a questo va promossa una discussione seria su come aiutare le famiglie umbre a conciliare lavoro e la vita domestica. Il bonus fine a sé stesso non risolve il problema, perché le famiglie giovani con bambini piccoli sono quelle più soggette a povertà”.

Le cronache degli ultimi giorni hanno purtroppo riportato alla luce, anche in Umbria, il tema della sicurezza sul lavoro. Alla Regione va dato atto di avere fatto la propria parte con una legge che vieterà le aste al massimo ribasso. Qual è la vostra posizione su questo fronte?

La sicurezza è ancora una emergenza e i recenti fatti lo dimostrano. I dati fotografano una situazione drammatica, con la stragrande maggioranza delle aziende carente rispetto alle elementari norme che disciplinano la sicurezza nei luoghi di lavoro: siamo intenzionati ad aprire una vera e propria mobilitazione partendo dai luoghi di lavoro, coinvolgendo i lavoratori in merito alla tutela e alla salvaguardia della salute e alla sicurezza.

Chiediamo pertanto alle istituzioni di aprire immediatamente il tavolo dedicato e alle associazioni datoriali di confrontarsi con noi. La nostra proposta è una patente a punti per valutare in maniera oggettiva il livello di sicurezza delle aziende. Quanto alla Legge regionale, è un passo avanti”.

Perché un giovane dovrebbe decidere di vivere, studiare e lavorare nella regione, con tutti i problemi che ha?

I giovani che entrano nel mondo del lavoro, in grande maggioranza, vengono adibiti a svolgere inferiori al proprio profilo professionale. La sfida è dunque quella di invertire la tendenza e creare le giuste condizioni. Va alzato il livello del lavoro, puntando sulla qualità e sul valore aggiunto che i giovani possono dare.

Poi bisogna riportare in Umbria tutta la filiera del lavoro, non solo la produzione, ma anche la progettazione e la commercializzazione, perché sono quelli che danno più redditività e vengono svolti fuori regione. Ci sono comparti che possono dare tanto.

Penso all’automotive, dove è il caso di aprire un tavolo di confronto per arrivare preparati al grande passo del 2035 e capire quelle professionalità che serviranno, mettere in piedi un piano di formazione per l’acquisizione di nuove competenze che consentano di farci trovare pronti per le sfide del futuro”.

Di Emanuele Lombardini
(Riproduzione riservata)

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