ven 05 dic 2025

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Orizzonte Italia 2022, Giovannini: «3% del Pil per investimenti in infrastrutture, non siamo più il paese dei No»

Al GLOCAL ECONOMIC FORUM ESG89 il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili: «Prospettiva di sviluppo e impegno con l’Europa sul Pnrr». Deloitte: «Pnrr occasione per colmare il gap». Per imprenditori e associazioni «logistica da tutelare, semplice, sicura e sostenibile»

Pnrr, logistica e infrastrutture: l’Italia sostenibile. Questi i temi del GLOCAL ECONOMIC FORUM ESG89 - ORIZZONTE ITALIA 2022 moderato da Giovanni Giorgetti, presidente ESG89 Group.

Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili ha messo sul piatto la vision: «Abbiamo programmato in modo integrato i diversi fondi, non c’è soltanto il Pnrr e quindi molte cose verranno fatte.

Programmare a cinque anni non è una follia, normalmente certe opere vengono realizzate in quindici, stiamo rispettando i tempi. Il modello-Genova non è replicabile, perché lì si trattava di ricostruire un ponte e farlo esattamente dove era prima.

Dal modello Genova abbiamo imparato quello che si poteva imparare. La discussione non è sul passato ma se tutto questo adesso sta funzionando: come diceva Keynes, quando i fatti cambiano, bisogna poter cambiare anche le opinioni».

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Il Ministro Giovannini ha risposto ad alcune sollecitazioni: «La logica del secondo tempo vuol dire che noi avremo il 3% del Pil sistematicamente destinato ad investimenti.

Dal 2008 non abbiamo più questi valori: è una prospettiva di sviluppo del settore radicalmente diversa rispetto agli ultimi 15 anni.

Non siamo più il Paese del No perché il Pnrr ci ha fatto prendere l’impegno con l’Europa. Il dibattito è su come si fanno.

Le comunità locali hanno un ruolo importante perché ne saranno i destinatari. La nuova generazione di amministratori spero sarà allineata su questo, sia a livello nazionale che locale».

Marco Vulpiani, Senior Partner Deloitte ha parlato di scelte. «Il Pnrr è una grande opportunità per il Paese Italia. Soffriamo di un gap infrastrutturale importante e che è cresciuto molto: una recente analisi dice che qui al 2040 sono circa 273 miliardi di dollari il deficit accumulato, in gran parte nel settore trasporti ed in gran parte questo gap riguarda il Sud: strade, ferrovie, porti, aeroporti.

Il gap è cresciuto negli ultimi anni anche perché c’è stato un taglio forte sugli investimenti. Ecco perché il Pnrr è una grande occasione, per provare a colmare parzialmente questo Gap.

Una parte dei soldi destinati a questo settore sono per le ferrovie, altri per le infrastrutture intermodali. I tempi sono stringenti: credo che Rfi ce la farà entro il 2026, mentre l’altra parte della missione è più complessa perché intervengono le istituzioni locali».

Alfonso Di Bona, Calcestruzzi-Italcementi si è soffermato sui temi: «Quando c’è una sinergia di tutte le istituzioni coinvolte, si ottengono i risultati.

Il modello-Genova, per la ricostruzione del Ponte è un esempio in questo senso: se si vuole si può completare un’opera nei tempi previsti».

Per Domenico Metelli, Luigi MetelliIl Pnrr è una sfida ed una opportunità: il 2026 è dietro l’angolo, dobbiamo tener conto degli sviluppi della guerra e del caro-energia, del fatto che un prodotto è quadruplicato come prezzi rispetto al 2021.

Il Pnrr ed il Ministero devono tenere conto di questi allarmi che arrivano da chi produce. Ogni mattina scaliamo l’Everest e chi è rimasto in piedi non si sa come lo sta facendo e questa guerra sta aumentando gli effetti dirompenti sulle piccole e medie aziende.

Se i rincari sono frutto di speculazioni, la speranza è che una volta finito tutto questo, tornino come prima».

Fabrizio Pedetta, Colacem ha sottolineato la necessità di cogliere le opportunità del Pnrr: «E’ vero che i materiali costano di più ma i lavori pubblici hanno costi altissimi perché avvengono in tempi biblici.

L’Italia ha un ritardo importante: il nostro compito è quello di portare a casa le risorse senza sprecarle, costruendo nel più breve possibile quello che serve. La guerra ha complicato le cose perché per fare impresa serve stabilità».

Rodolfo Giampieri, Assoporti ha rilevato: «Anche sul fronte dei porti c’è la possibilità col Pnrr di modernizzare il Paese sul fronte di infrastrutture e sostenibilità, con quest’ultimo che è un tema forte per la competitività del Paese.

Abbiamo bisogno di sentire la fiducia del Governo nei nostri confronti, che stiamo cercando di risolvere i problemi.

Se riusciamo a trovare una cornice per la revisione-prezzi sarebbe un grandissimo passo avanti. Il Ministero sta operando bene».

Nereo Marcucci, Confetra ha evidenziato: «Siamo soddisfatti dell’operato del Governo e pensiamo che entro il 2026 si riusciranno a fare molte cose, abbandonando la mistica del Ponte Morandi. Bene che il Ministero abbia certificato il tridente, l’impegno e le somme.

Se riuscissimo in questo impegno, avremmo realizzato quella piattaforma logistica protesa nel mediterraneo, che ad oggi è un mito e molto spesso una millanteria. Noi scommettiamo fortemente su questo risultato».

Poi Flavio Cecchetti, Susa: «Le risorse del Pnrr sono molto sbilanciate sulle Ferrovie, andrebbe trovato un equilibrio fra rotaie e gomma.

Bisognerebbe promuovere la creazione di un campione nazionale che faccia trasporti su gomma dall’Italia in tutta Europa, perché non ne abbiamo e completerebbe il sistema».

Gianmaria Balducci, Legacoop ha messo in evidenza le carenze: «Quello che manca è fare sistema: sull’intermodalità green si potrebbero fare progetti significativi in una logica di filiera fra agricoltura, grande distribuzione e consorzi di distributori.

Questa cosa è molto faticosa, lo sto vedendo come presidente di associazione. Noi ragioniamo nell’ottica di una logistica, semplice, sicura e sostenibile.

Semplice perchè non abbiamo un sistema efficiente di ottimizzazione dei trasporti. Il camion oggi gira con un carico al 40% ed è uno spreco: bisogna investire a livello digitale per creare una rete fra trasportatori; sostenibile perché bisogna utilizzare mezzi green e sicura perché bisogna investire sulla formazione dei trasportatori.

Il camionista può fare la differenza: lo stile di guida può far risparmiare sui consumi».

Morena Pivetti, Giornalista ha detto di essere «meno ottimista, perché la pandemia è in corso e la guerra pure e poi bisognerà vedere come ci si riallineerà: non è più l’economia che muove le cose, ma la geopolitica.

Siamo in un’economia di guerre. Usciamo dalla logica delle opere per le opere, altrimenti le avremo incompiute, basti pensare al mezzogiorno.

Le opere si fanno se aiutano il sistema economico. Poi bisogna fare la manutenzione, molte opere hanno più di 45 anni. Il ponte Morandi ci ha lanciato un segnale.

Logistica e trasporti sono il primo e l’ultimo anello della catena e vanno tutelati, soprattutto se ragioniamo in ottica di economia circolare: si integreranno sempre di più».

Salvatore Zecchini, Docente Universitario e Economista OCSE ha chiuso: «Bisogna ragionare sull’innovazione. Penso alle autostrade: le stiamo realizzando alla vecchia maniera, per scelte dall’alto che nascono da una esigenza perequativa ma non si pongono il problema di quale sia la connessione più efficiente per mantenere un alto livello di competitività.

Non si pensa per niente alla digitalizzazione ed invece è importante. Poi bisogna riformulare le catene del valore: non ci sarà più la globalizzazione che abbiamo avuto finora. Il futuro dell’Italia è legato ad innovazione e produttività ed i due concetti sono interconnessi».

Di Emanuele Lombardini
(Riproduzione riservata)

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