Allarme Italia: non è più un Paese attrattivo

Il rapporto Caritas-Migrantes: crescono gli expat, che ormai superano il numero degli stranieri immigrati. Quello che li accomuna è l'insoddisfazione per le opportunità offerte dal Bel Paese: anche chi arriva qui, lo fa solo temporaneamente
Il dato dovrebbe suonare come un campanello d’allarme eppure le reazioni del mondo politico, eccezion fatta per il presidente della Repubblica Mattarella, sono stati pressochè nulli: l’Italia non è un Paese attrattivo.
Non lo è per gli italiani, che in numero sempre più alto se ne vanno, per andare a vivere e lavorare all’estero; né per gli stranieri che arrivano, in numero sempre minore e che in massima parte vengono qui per un periodo temporaneo e non per restare.
L’analisi: crescita costante negli anni
Il rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes della Caritas è impietoso: quest' anno sono state 83.000 le partenze con una flessione del 25% degli espatri.
Ma il trend è rimasto intatto se si considera che dal 2006 al 2022 la mobilità italiana è cresciuta dell' 87%, in particolare del 94,8% quella femminile e del 75,4% quella dei minori.
Ma quello che preoccupa di più è che a partire sono soprattutto i giovani: tra coloro che abbandonano l'Italia quasi il 42% hanno meno di 34 anni
Al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all’Aire (associazione italiana residenti all’estero) sono 5.806.068, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia. Non c’è nessuna eccezione: tutte le regioni italiane – si legge nel testo – perdono residenti aumentando, però, la loro presenza all’estero.
La crescita, in generale, dell’Italia residente nel mondo è stata, nell’ultimo anno, più contenuta, sia in valore assoluto che in termini percentuali, rispetto agli anni precedenti.
Dal 2006 al 2022 la presenza degli italiani all’estero è cresciuta del 87% passando da 3,1 milioni a oltre 5,8 milioni.
Il dato supera quello attuale degli stranieri in Italia, attualmente 5,2 milioni Negli ultimi 15 anni poi ad ogni immigrato che vive in Italia corrisponde un italiano che è partito per l'estero, per una cifra di 2 milioni e 700 mila ovviamente per entrambi i casi.
Attualmente poi quello che accomuna immigrati ed expat è come detto l’insoddisfazione verso l’Italia: lasciata dai secondi e terra solo di passaggio per i primi
Tra quanti rimangono in Italia a vivere ci sono anche gli apolidi, 3000 persone che non hanno la cittadinanza di alcun Stato e vivono nella società italiana come degli invisibili", mentre al livello mondiale sono almeno 4,3 milioni di persone.
L' assenza di un'identità legale significa per le persone apolidi un accesso limitato ad istruzione, cure mediche, misure di protezione sociale o un regolare impiego.
Meno spostamenti “ufficiali” causa pandemia
L’Italia è irrimediabilmente legata alla mobilità e inevitabilmente chiamata, oggi, a fare i conti con le difficoltà degli spostamenti dovuti alla pandemia, evento globale i cui effetti si stanno sentendo sul lungo periodo con modalità e accenti diversi, sottolinea la Fondazione Migrantes nel Rapporto: questo non significa non spostarsi, non significa essersi fermati, ma aver ridotto gli spostamenti “ufficiali” che, comunque, riguardano un numero consistente di giovani, partiti soprattutto dal Nord Italia alla volta prevalentemente dell’Europa.
Molti probabilmente lo hanno fatto ricorrendo all’irregolarità, non ottemperando, cioè, all’obbligo di legge di iscriversi all’AIRE poiché, in tempi di emergenza sanitaria, suona forte – e non potrebbe essere altrimenti – il campanello di allarme relativo alla perdita di assistenza sanitaria che rappresenta, da sempre, il principale motivo che trattiene chi parte per l’estero a iscriversi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero.
Le partenze per “espatrio” avvenute lungo il corso del 2021 – sottolinea il Rapporto – sono state 83.781, la cifra più bassa rilevata dal 2014, quando erano più di 94.000
Quello che si pensava potesse accadere alla mobilità italiana durante il 2020 è avvenuto, invece, nel corso del 2021: la pandemia, cioè, ha impattato sul numero degli spostamenti dei nostri connazionali, riducendoli drasticamente e trasformando, ancora una volta, le loro caratteristiche.
Rispetto al 2021 risultano 25.747 iscrizioni in meno, una contrazione, in un anno, del -23,5% che diventa -36,0% dal 2020.
Lombardia prima regione per espatrio
Chi è partito per espatrio da gennaio a dicembre 2021 è prevalentemente maschio (il 54,7% del totale), giovane tra i 18 e i 34 anni (41,6%) o giovane adulto (23,9% tra i 35 e i 49 anni), celibe/nubile (66,8%). I minori scendono al 19,5%. I coniugati si attestano al 28,1%.
A partire sono stati sempre più i giovani e sempre meno gli anziani (-19,6%) e le famiglie. In drastica riduzione anche il numero dei minori.
Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2021 è andato in Europa, il 53,7% (poco più di 45 mila) è partito dal Settentrione d’Italia, il 46,4% (38.757), invece, dal Centro-Sud.
La Lombardia (incidenza del 19,0% sul totale) e il Veneto (11,7%) continuano ad essere, come da ormai diversi anni, le regioni da cui si parte di più. Seguono: la Sicilia (9,3%), l’Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%).
Tuttavia, dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, i protagonisti di un secondo percorso migratorio che li ha portati dapprima dal Sud al Nord del Paese e poi dal Settentrione all’oltreconfine.
Redazione Cuoreeconomico
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