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16/03/2024

La spaccatura economica dell'Italia è già in corso, solo il Pnrr può limitarla

Dati drammatici dal rapporto Svimez: grandi margini di incertezza sul fronte della crescita, con il Pil in decelerazione, ma fra due anni il divario fra regioni si allargherà: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto pronte a giocare un'altra partita rispetto all'Italia, ma anche il centro è diviso in due, con Umbria e Marche in nettissima difficoltà. Al Sud Campania e Puglia trainano ma i comuni si spopolano. Ma a dividere il Paese contribuiscono anche i settori produttivi. Unica speranza per evitare la frattura definitiva? Spendere bene i soldi del Pnrr, con i tempi previsti dal Governo

Il 2023 è stato per l’economia italiana un anno di decelerazione, con una variazione del Pil modesta, prevista intorno allo 0,7 per cento che si declina, a scala territoriale, in uno 0,9 per cento nelle regioni settentrionali, dello 0,6 per cento nelle regioni del Centro, e allo 0,4 per cento nel Mezzogiorno.

Le tendenze per il 2024-25 sono segnate ancora da ampi margini di incertezza. Lo dice la Svimez, nel rapporto "Dove vanno le regioni italiane. Scenari economici e andamenti territoriali 2023- 2025” presentato a Roma.

Un quadro, quello disegnato dall'agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno secondo il quale il 2024 dovrebbe far registrare, sempre a scala nazionale, una lieve contrazione rispetto all’anno precedente (+0,6), seguita l’anno successivo da una modesta accelerazione (+1,1 percento).

Una crescita che dipende in gran parte dal Pnrr e che comunque non elimina le differenze strutturali consolidatesi nel tempo.

Il quadro generale

Secondo il rapporto Svimez, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, al Nord, dovrebbero crescere di più, in particolare queste tre regioni quando riparte la domanda estera “giocano un’altra partita” rispetto al resto del Paese. Toscana e Lazio continuano ad allontanarsi da Umbria e Marche al Centro; anche il Sud al suo interno vede percorsi differenziati.

Per certi versi, è qui che risiede la vera sfida del Pnrr, aggredire nei territori più in difficoltà da tempo quei nodi che ne ostacolano la crescita a saggi comparabili con le regioni più dinamiche. Interrompendo, così, la frammentazione dei percorsi di sviluppo regionali che si è consolidata da inizio millennio fino alla pandemia.

Nell’intero periodo 2023-2025 – si legge nelle conclusioni – “non si prevedono grosse differenze tra i territori, diversamente dal passato, sotto l’ipotesi che le risorse del Pnrr siano spese con un timing non difforme da quanto ipotizzato dal Governo.

Ma, già nel 2025, se la modesta ripresa del commercio mondiale qui ipotizzata dovesse effettivamente verificarsi, riaffiorano percorsi di sviluppo divergenti. La vera sfida del Pnrr è quindi se tali risorse riescono a incidere sulle strutture produttive delle regioni più in difficoltà, presenti un po’ ovunque”.

Le sfide del Sud

Focus particolare ovviamente sul Meridione. Secondo Svimez, luci e ombre, più le seconde delle prime. La Campania è l'unica regione italiana (insieme al Trentino-Alto Adige) ad avere un saldo naturale della popolazione residente, ovvero la differenza tra nati e defunti, ancora attivo.

Circa 55.000 unità nell'arco ventennale 2002-2021. Ma è anche la regione che attrae meno stranieri e soprattutto espelle più giovani in assoluto, circa 118.000 nello stesso periodo, 28.000 in più della Calabria che segue in classifica.

Le nascite, insomma, non riescono a compensare le partenze e in termini di popolazione residente il saldo è negativo per oltre 70.000 unità.

Ancora, è una regione del Sud, la Puglia, ad avere registrato in termini di Pil la variazione cumulata (relativa al periodo 2019-22) più alta di tutte in Italia, un +5,2 percento superiore persino alla Lombardia. E la spinta all'occupazione è stata robusta anche in quest'area (Puglia +5,3, Campania e Basilicata +3,4).

Ci sono però tanti nodi ancora scoperti. Le "stime anticipate" Svimez-Ref per la crescita del Pil nel Sud indicano percentuali ancora inferiori a quelle delle altre macroaree del Paese. Lo 0,8 in più al 2025 è ovviamente anche più basso della media nazionale (+1,1).

Ma Campania e Puglia  fanno da traino al Mezzogiorno: la prima cresce quanto l'Italia, con un contributo alla crescita cumulata del 2,5, frutto soprattutto della spesa delle famiglie e di quella della Pubblica amministrazione, entrambe superiori al dato della media Italia.La Puglia è subito dietro.

"Ma i dati dimostrano anche che le variazioni tra le regioni sono sempre più tra settori, tra comparti produttivi cioè, e che non necessariamente ad esse corrispondono anche nuovi divari territoriali", spiega il direttore di Svimez Luca Bianchi. Le costruzioni hanno spinto tantissimo Molise e Basilicata, ad esempio, il turismo ha fatto numeri importanti in Campania e Puglia.

Il divario non è più solo quello tra Nord e Sud, che resiste e rischia di allargarsi, ma anche quello dato dai vari settori. E' qui che entra in gioco il Pnrr, sempre più determinante per evitare che il Paese viaggi a più velocità.

Redazione Cuoreeconomico
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