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11/09/2023

Pnrr, Veronese (Uil): “Con la rimodulazione Italia abdica a futuro da Paese moderno”

(Ivana Veronese, segretaria confederale Uil)

La segretaria confederale del sindacato a tutto campo con CUOREECONOMICO: “Cancellati con un tratto di penna progetti chiave, puntando solo su quelli con credito di imposta automatico. Intanto le famiglie impoveriscono: salari e prima casa devono diventare una priorità da affrontare in fretta. Per far crescere la competitività e la produttività servono investimenti pubblici sui territori e innovazioni nelle aziende”

Le sfide dell’Italia, alle prese con un Pnrr in forte ritardo e rimodulato non senza qualche preoccupazione da parte del mondo del lavoro, dell’impresa e dei comuni. Ma anche la grande opportunità che l’Italia ha per fare un salto in avanti, scrollandosi di dosso l’antica etichetta di Paese “per vecchi”.

In mezzo, c’è una inflazione galoppante che sta mettendo in difficoltà le famiglie, per le quali il carrello della spesa è sempre più caro ma più scarno e che fanno sempre più fatica anche a stare al passo dei rincari dei mutui.

Di tutto questo CUOREECONOMICO ha parlato con Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil.

Gli ultimi dati sul mercato del lavoro segnalano un forte aumento della povertà anche fra coloro che hanno un contratto stabile, con sempre più famiglie in difficoltà a far quadrare i conti. La strategia del Governo è quella giusta?

C’è la necessità di un impegno straordinario della politica partendo dal lavoro stabile, dignitoso e ben pagato.

Servono scelte immediate per dare prospettive e certezze ai giovani e alle donne, per garantire la sicurezza sul lavoro, per recuperare il potere di acquisto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.

Da tempo diciamo che vanno contrastati il cosiddetto “lavoro povero” e il lavoro precario e le soluzioni ci sono. Da un lato, tutte le assunzioni devono essere a tempo indeterminato, lasciando il lavoro a tempo alla flessibilità contrattata e facendo costare molto di più il lavoro precario rispetto ad un contratto indeterminato.

Dall’altro, il salario minimo che deve essere agganciato ai minimi contrattuali del contratti collettivi maggiormente rappresentativi che garantiscono più tutele a chi lavora.

Nel nostro Paese, però, non c’è solo la questione del lavoro precario; esiste anche una grande questione salariale. Nell’impennata dei prezzi c’è sicuramente una componente speculativa, sulla quale il Governo poteva intervenire e non lo ha fatto. L’inflazione è una “tassa occulta” che pesa su salari e pensioni, soprattutto quelli medi bassi: occorre affrontare questo tema per restituire potere di acquisto a salari e pensioni.

Da questo punto di vista dobbiamo agire su due leve: quella fiscale e quella contrattuale che sono interconnesse tra loro.

Il taglio del cuneo fiscale operato dal Governo è una prima, ma non esaustiva risposta, ma occorre trovare risorse nella prossima Legge di Bilancio per renderlo strutturale, così come occorre agire detassando gli aumenti contrattuali. Vedremo nelle prossime settimane quale sarà la volontà del Governo.

E poi c’è la leva contrattuale: nel nostro Paese ci sono 7 milioni di lavoratori che attendono il rinnovo dei loro contratti ad iniziare dal pubblico impiego per il quale ci aspettiamo nella prossima Legge di bilancio risorse adeguate”.

L’impennata dei mutui dopo gli aumenti dei tassi di interesse da parte della Bce sta mettendo in difficoltà famiglie ed imprese: rate non pagate, fuga verso gli affitti che però a loro volta salgono e soprattutto aumento del ricorso all’usura in particolare per famiglie e Pmi. Un campanello d’allarme molto forte che però sembra inascoltato….

Su questo tema, proprio nel mese di luglio prima della pausa estiva, come Uil, avevamo lanciato in uno studio l’allarme del “caro affitti”.

Dallo studio emergeva, elaborando i dati dell’osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, come tra il secondo semestre del 2021 e il secondo semestre del 2022 gli affitti sono aumentati del 3,6 percento, vale a dire 240 euro medi annui.

A tal proposito, abbiamo chiesto al Governo di istituire un tavolo di confronto sul tema dell’abitare, uscito da troppo tempo dall’agenda politica del Paese.

Non sono più rinviabili, a partire già dalla prossima legge di bilancio, provvedimenti che affrontino in modo strutturale la questione dell’abitare e del diritto alla casa.

Occorrono risorse adeguate a un piano di medio e lungo periodo che siano in grado di incrementare, in modo consistente, gli alloggi di edilizia residenziale pubblica e di aumentare sensibilmente le risorse del fondo per il sostegno agli affitti e per la morosità incolpevole.

Contestualmente bisogna accelerare i progetti del Pnrr che riguardano il piano della qualità dell’abitare (Piano Pinqua), per il quale sono previsti 2,8 miliardi di euro fino al 2026, nonché la costruzione di alloggi da destinare agli studenti universitari, garantendogli così il diritto allo studio, accelerando in tale direzione i progetti previsti dal Pnrr”.

LEGGI L’INTERVISTA A PIERPAOLO BOMBARDIERI

La rimodulazione del Pnrr da parte del Governo sembra voler puntare sulle grandi opere, tagliando gli investimenti nei comuni e soprattutto zavorrando il percorso verso la transizione ecologica del Paese. Non c’è il rischio che lo spostamento di alcuni progetti sui fondi di coesione (per i quali l’Italia notoriamente non brilla per spesa) sia la pietra tombale su di essi?

La rimodulazione del Pnrr, fatta, tra l’altro, senza alcun confronto di merito con le parti sociali, ha sollevato molti dubbi e perplessità.

Sono stati cancellati con un tratto di penna progetti per 16 miliardi di euro che riguardavano interventi per la transizione ambientale, digitale ed energetica, come gli investimenti per la decarbonizzazione, interventi per l’inclusione sociale e territoriale, progetti sulle infrastrutture materiali ed immateriali, di cui alcuni già in corso d’opera come i piani urbani integrati.

Si è puntato sui progetti con il meccanismo del credito di imposta automatico, con i quali è più facile spendere risorse, a sfavore di un forte definanziamento di opere infrastrutturali strategiche. 

In questo modo stiamo abdicando al ruolo di dotare il Paese di infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e sociali degne di un Paese moderno.

Troviamo, poi, riprovevole, in un Paese alle prese con gravi problemi di dissesto idrogeologico e di alluvioni, che ogni anno provocano danni e tragedie, tagliare le risorse proprio ai progetti per la messa in sicurezza del territorio.

Quanto ai fondi di coesione, come Uil, in tempi non sospetti, avevamo chiesto di avere un piano completo e compiuto della complementarità con il Pnrr.

La rimodulazione, invece, si limita a descrivere in modo generico la complementarità tra le varie fonti di finanziamento, senza indicare in modo compiuto quali e quante risorse e, soprattutto, quando verranno realizzate le opere che escono dal Pnrr.

Temiamo che in questo modo si compromettano gli obiettivi strategici del Paese disegnati con il Pnrr e si metta e a rischio la riduzione delle disuguaglianze sociali, di genere, generazionali e territoriali.

Ad iniziare dai divari territoriali: con la rimodulazione, infatti, temiamo che sia fortemente a rischio la quota del 40 percento delle risorse Pnrr al Mezzogiorno, che noi già ritenevamo insufficienti per ridurre la forbice tra il Nord ed il Sud”.

Dalle linee programmatiche del Governo sembra mancare una reale spinta per il ricambio generazionale sul lavoro e l’innovazione. Di questo passo il Paese rischia di avvitarsi sulle pensioni…

Il lavoro che  c’è e quello che manca sono le grandi lacune di questo Governo. Ad inizio della legislatura avevamo chiesto al Governo un tavolo di confronto sul lavoro di qualità, sulla previdenza e sul tema della salute e sicurezza e dei controlli.

L’Esecutivo ha risposto a questi temi, alla vigilia della festa del lavoro, con il cosiddetto “Decreto Lavoro”, senza alcun confronto con le parti sociali.

Un Decreto che, nello smontare il reddito di cittadinanza, sta creando nuovi poveri. Al contempo, purtroppo, sul versante del lavoro siamo in presenza dell’ennesima decretazione d’urgenza, invece di interventi strutturali e lungimiranti volti a dare stabilità e qualità al lavoro.

Noi abbiamo la responsabilità di restituire speranza e futuro ai nostri giovani, alle lavoratrici e ai lavoratori, ai pensionati e alle pensionate per riequilibrare le disuguaglianze.

Servono scelte immediate per dare prospettive e certezze ai giovani e alle donne e per dare dignità al lavoro, che riguarda innanzitutto il rispetto delle persone.

A questo proposito consideriamo positiva la clausola dell’obbligo di assunzione del 30 percento nei contratti pubblici di donne, giovani e soggetti svantaggiati, ma rileviamo la persistenza della possibilità di derogare a tali obblighi, il che di fatto limita pesantemente l’efficacia delle disposizioni.

Così come per far crescere la competitività e la produttività servono investimenti pubblici sui territori e innovazioni nelle aziende”.

C’è il rischio che la tassazione degli extraprofitti delle banche si riversi sui cittadini. Qual è la vostra posizione in merito e quali soluzioni proponete?

I principi alla base della misura presa dal Governo in merito alla tassazione degli extraprofitti del settore bancario sono condivisibili. Già dallo scorso marzo, come Uil, avevamo richiesto un provvedimento del genere.

Tra l’altro sono oltre due anni che la Uil, in solitudine, aveva posto la questione di una tassa sugli extraprofitti e rivendichiamo un provvedimento con misure strutturali ed esteso a tutte le imprese, di qualunque settore, che, a causa della pandemia o della guerra, abbiano ottenuto enormi profitti”.

Di Emanuele Lombardini
(Riproduzione riservata)

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