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13/10/2022

Servidio (Svimez): “Investimenti e rete col Nord per il rilancio delle potenzialità del Meridione”

(Grazia Servidio, dirigente dello Svimez)

Grazia Servidio, dirigente dell’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno a CUOREEECONOMICO: “Consolidare l’esistente e recuperare le aree in crisi. Zes fondamentali per high-tech e reshoring”

Il Mezzogiorno alla prova della crisi economica. Gli indicatori economici evidenziano come il gap fra le due metà dell’Italia sia ancora molto forte, nonostante il grande lavoro fatto nell’ultimo anno e mezzo.

Ma adesso l’Italia è attesa dalla sfida di una fase complessa, stretta fra la fine del rimbalzo post pandemico e un autunno che sarà durissimo sul fronte di inflazione è caro prezzi.

Una sfida che il Paese si appesta oltretutto ad affrontare con un nuovo Governo, che non avrà il tempo di ambientarsi, perché le emergenze sono tante e bisogna agire in fretta.

Ma quali sono le priorità del Meridione? CUOREECONOMICO ne parla con Grazia Servidio, dirigente dello Svimez (l’associazione per lo sviluppo per l’industria nel Mezzogiorno), coordinatrice di redazione della Rivista economica del Mezzogiorno.

Dalla crescita allo stop

Nelle anticipazioni del  rapporto annuale, Svimez ha sottolineato come il Meridione abbia partecipato alla crescita del Paese, ma anche che guerra e crisi energetica rischiano di allargare la forbice col Nord: “Il Sud - spiega Servidio - ha partecipato alla ripresa del Paese, con un +5,9% del PIL a fronte del 6,6% dell’Italia.

Ma lo shock Ucraina, la crisi energetica e il ritorno dell’inflazione, che la Svimez stima nel 2022 più marcata nel Sud (l’8,4%, a fronte del 7,8% nel Centro-Nord), sommandosi alle storiche fragilità strutturali del Mezzogiorno, peggiorano radicalmente lo scenario.

Queste dinamiche globali avverse espongono infatti l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud”.

Nel 2022 - prosegue - stimiamo un aumento del Pil italiano al +3,4% ma con una riapertura della forbice Nord-Sud nel ritmo di crescita, che si attesta al +2,8% nel Mezzogiorno e al +3,6% nel resto del Paese: forbice che prima di queste nuove turbolenze sembrava potesse sostanzialmente ridursi. In ogni caso, il Sud dovrebbe recuperare nel biennio 2021-2022 i livelli di Pil pre-pandemia.

Nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023 e +1,8% nel 2024), il Mezzogiorno sperimenterebbe tassi di variazione del PIL inferiori al resto del Paese (nel 2023 0,9%, a fronte dell’1,7% nel Centro-Nord; nel 2024 +1,3%, contro il +1,9%), mantenendo un divario di crescita a suo sfavore di circa 6 decimi di punto”.

Consolidare l’esistente e riqualificare le aree in ritardo

Di fronte a queste prospettive - avverte Servidio - è importante dare continuità al Pnrr per colmare i divari sui diritti di cittadinanza, soprattutto nelle infrastrutture sociali a partire dall’istruzione, e dei sistemi produttivi.

A questo ultimo riguardo, andrebbe definito un mix di strumenti di politica industriale bilanciato tra consolidamento dell’esistente nelle aree forti e ampliamento e riqualificazione della struttura produttiva delle aree in ritardo.

I principali interventi di politica industriale, come le Zone economiche speciali, i contratti di sviluppo, i fondi per l’internazionalizzazione andrebbero potenziati e declinati territorialmente in una strategia che ne precisi gli obiettivi e le priorità settoriali.

Ne risulterebbe rafforzata la finalità di coesione del Piano e valorizzato il ruolo del Mezzogiorno nel riposizionamento del Paese nelle catene del valore che vanno riconfigurandosi dopo la pandemia e il conflitto russo-ucraino”.

Mantenere il Reddito di Cittadinanza

In questo quadro, secondo Servidio, diventa importante la conferma di uno strumento come il Reddito di Cittadinanza: “E’ adottato dalla stragrande maggioranza dei paesi europei - spiega - e andrebbe mantenuto e non indebolito, anche considerando che abbiamo registrato, a causa della pandemia, e stiamo registrando, per la crisi energetica e l’impatto della crescita dell’inflazione sui redditi delle famiglie, un ampliamento delle sacche di povertà.

Va anche ricordato che solo una parte dei percettori del Reddito di Cittadinanza è occupabile, secondo l’Inps meno del 50%”.

Ciò non toglie - prosegue - che andrebbero modificati alcuni aspetti di debolezza nella sua attuazione per la parte che riguarda l’avviamento al lavoro, rafforzando le politiche attive.

Ma non dimentichiamo che la povertà risiede anche e soprattutto nella scarsità della domanda di lavoro specialmente nelle regioni del Sud: questione che richiede necessariamente programmi di sviluppo di creazione diretta di nuova occupazione”.

Il Ministero per il Sud e le nuove sfide

Quella che si appresta ad iniziare è dunque una fase cruciale per la crescita del Sud: “Credo che soprattutto ora - prosegue Servidio - la presenza di un Ministero per il Mezzogiorno non sia un fatto puramente formale ma rappresenti un importante presidio per il Sud.

Ha avuto un ruolo chiave, per esempio, per la decontribuzione degli oneri sociali nelle regioni meridionali o nell’introduzione della quota del 40% delle risorse del Pnrr da destinare al Sud o, ancora, nella recente definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) su asili nido e trasporto degli studenti disabili, che sostituiscono il principio della spesa storica per i servizi sociali ed educativi, una spesa storica che ha alimentato diseguaglianze e discriminazioni tra cittadini del Nord e cittadini del Sud.

Va anche detto però che, al di là del dicastero e della persona che lo occupa, è cruciale che vi sia un impegno corale del Governo che, con visione unitaria, metta a sistema gli interessi del Nord con quelli del Sud, a beneficio dell’intero Paese”.

Questa è forse la sfida che maggiormente attende il nuovo Governo. Quelle del Sud invece sono tante. Servidio le elenca: “Il sistema produttivo meridionale è più esposto soprattutto alle conseguenze avverse dell’aumento dei costi dell’energia.

Tale aumento incide maggiormente sui bilanci delle imprese del Sud, perché nell’area sono più diffuse le imprese di piccola dimensione, caratterizzate da costi di approvvigionamento energetico strutturalmente più elevati sia nell’industria che nei servizi.

Inoltre l’incidenza dei costi dei trasporti sui bilanci delle imprese meridionali è più alta di quella delle imprese delle altre aree del Paese, per la loro maggiore distanza dai principali mercati di sbocco e di approvvigionamento delle merci.

Si stima infatti che uno shock simmetrico sui prezzi dell’energia elettrica che ne aumenti il costo del 10% determini al Sud una contrazione dei margini dell’industria di circa 7 volte superiore a quella osservata nel resto d’Italia”.

La ricetta per una crescita del Sud

Ma se il Meridione è ricco di eccellenze italiane, cosa serve per renderle davvero competitive?  “Un robusto innesto di investimenti, materiali ed immateriali - conclude Servidio -  che possano favorire lo sviluppo e la trasformazione del suo tessuto produttivo lungo nuove specializzazioni in grado di modificare progressivamente i suoi vantaggi comparati al di là dei percorsi sinora seguiti.

A tal fine, andrebbero potenziati e messi a sistema in una visione unitaria interventi attivi di politica industriale, che declinati a livello territoriale a favore del Sud possano contribuire a superare i nodi strutturali del suo apparato produttivo, troppo frammentato e sbilanciato verso imprese scarsamente innovative e con una bassa vocazione internazionale.

Un ruolo importante potrebbe essere svolto dalle Zone Economiche Speciali (Zes), che sembrano finalmente decollate, per rimettere in gioco il Sud, come area di attrazione di investimenti high tech, talenti, ma anche di servizi, infrastrutture logistiche e centri di conoscenza.

Le Zes  del Sud potrebbero candidarsi anche per la localizzazione di investimenti di re-shoring connessi all’accorciamento delle catene del valore, incentivato dall'esperienza della pandemia e dalla guerra russo-ucraina”.

Di Emanuele Lombardini
(Riproduzione riservata)

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