Colombini (Inail): “Pnrr per tecnologia e formazione, ma anche sicurezza”

(Angelo Colombini, membro del Consiglio di indirizzo e vigilanza Inail)
L’ex segretario confederale Cisl, oggi membro del consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inail: “La Pmi lavorano per le grandi imprese, ma sono in sofferenza: bisogna garantire standard uguali a tutta la filiera. I ritardi? Il problema non è il tempo perso ma quello che perderemo ancora se non semplifichiamo”
L’innovazione tecnologica è la chiave dell’industria del futuro. Non solo perché il mercato del lavoro si evolve e ovviamente si dota di apparecchiature sempre più sofisticate e perché il processo di digitalizzazione del Paese avviato col Pnrr serve a rendere più snelle le pratiche e accorciare i processi produttivi, ma anche perché le cronache quotidiane sono purtroppo scandite da una triste costante che è quella degli infortuni sul lavoro.
Dietro a questi infortuni non c’è solo l’incuria e spesso la negligenza delle buone pratiche, ma anche l’obsolescenza di macchinari non più adeguati ai processi produttivi oppure, quando i macchinari buoni ci sono, l’incapacità di usarli nel modo corretto.
I dati dell’Inail su questo fronte sono impietosi, ma anche le forze sindacali, Cisl e Uil in particolare, battono da sempre su questo tema.
A lui CUOREECONOMICO ha chiesto di tracciare un quadro della situazione, anche in relazione al fatto che innovazione e digitalizzazione sono le milestones del Pnrr.
Investire sulla sicurezza e sull’innovazione
“I finanziamenti di Industria 4.0 in passato hanno innovato molto le grandi aziende, molto meno le piccole imprese che nonostante lavorino per quelle grandi, su questo aspetto sono insofferenza – dice Colombini – Per questo è opportuno che il Governo rilanci l’attenzione verso le Pmi che vogliono investire, perché soltanto in questo modo tutta la filiera produttiva ha la stessa capacità di affrontare i problemi, sia di mercato sia di attenzione alla salute e la sicurezza dei lavoratori e del territorio, per inquinare di meno. La tecnologia serve anche a questo”.
Una doppia responsabilità
Accanto a tale aspetto c’è ovviamente il discorso di una transizione da accompagnare con adeguata formazione: “In questo caso – spiega Colombini – bisogna fare attenzione sia al lavoratore che è già inserito in quella realtà produttiva e che quindi va riqualificato dal punto di vista professionale, con una formazione continua; sia ai nuovi futuri lavoratori, oggi studenti degli Its o delle università.
Loro devono entrare nel mondo del lavoro con una formazione costante per essere pronti a rispondere a tutte le esigenze ed ogni azienda deve essere pronta ad intervenire per recepire i cambiamenti, adeguando il percorso formativo, anche sul fronte della salute e della sicurezza. Anche i datori di lavori devono tenersi al passo, la formazione vale anche per loro”.
Il ruolo del Pnrr per innovazione e sicurezza
La sfida dunque è quella di un mondo del lavoro che risponda proattivamente ai cambiamenti e sia al passo coi tempi anche sul fronte della sicurezza.
Il Pnrr, secondo Colombini, può giocare un ruolo chiave: “C’è un miliardo e mezzo sulla formazione, soprattutto sugli Its ed è già molto, ma vanno rilanciati gli investimenti sulla tecnologia.
Inoltre, deve fare in modo che gli investimenti siano legati anche a salute e sicurezza: su questo il Pnrr difetta. Non può essere solo un conteggio matematico di quanti soldi vengono spesi, bisogna dimostrare di avere a cuore le persone, deve tenere conto del bene comune: lo sviluppo economico passa anche da questo”.
Combattere il ritardo e colmare le lacune
L’Italia però deve prendere la rincorsa, almeno stando alle parole dello stesso ministro del Pnrr, Raffaele Fitto, che riferendo alle Camere sullo stato di attuazione dello stesso, non ha nascosto il problema: “Ma la colpa è un po’ del Governo stesso – chiosa Colombini – almeno relativamente al tema della governance.
Adesso è stata definita e bisogna accelerare. Bisogna fare in modo che i tempi vengano confermati e tutte le attività per lo sviluppo vengano programmate, finanziate e portate in esecuzione in tempi rapidi”.
“Perché il vero problema – aggiunge – non è il tempo che abbiamo perso, bensì quello che perderemo se non tagliamo la burocrazia e se non aiuteremo i piccoli centri a mettere a terra i progetti.
Chi non ha competenze rispetto a come gestire questi soldi, va aiutato: le grandi metropoli devono mettersi al servizio anche di questi territori. Altrimenti rischiamo nuovamente di perdere tutto, come abbiamo già fatto in passato con i fondi europei.
E’ un problema vecchio, sia chiaro: anche gli altri governi sapevano di questa situazione, ma adesso c’è in ballo una scommessa da vincere, che è quella di far crescere il Paese”.
Di Emanuele Lombardini
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