ven 05 dic 2025

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#GEF ESG89 Restart Agrifood, Farinetti (Eataly): “L’agroalimentare uscirà dalla crisi più forte”

(Da sx Angelo Frascarelli e Oscar Farinetti)

Angelo Frascarelli (Università di Perugia), ha invitato le imprese del comparto agroalimentare ad aderire alla strategia “Farmy-to-fork” promossa dall’UE, “necessaria per porre in essere una filiera del cibo sostenibile, sano, sociale ed equo, capace di rispondere alle esigenze che provengono dai consumatori, i quali invocano una transizione ecologica”

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Il settore dell’agroalimentare deve agire come una vera e propria filiera, seguendo due canali primari: sostenibilità e digitalizzazione.

È quanto emerso durante “RestartAgrifood! – Stati Generali dell’Agroalimentare italiano”, l’evento digitale organizzato da ESG89 Group e trasmesso in diretta streaming.  

Dedicato a riflettere sulle possibili linee di sviluppo del settore in questa fase delicata. Del resto, come ha precisato Giovanni Giorgetti, Presidente ESG89 e moderatore del Forum, in apertura, il comparto agrifood è stato uno di quelli che ha subito maggiori trasformazioni, soprattutto da parte dei consumatori, durante l’emergenza sanitaria, costringendo le aziende ad adeguamenti repentini.

Numerosi relatori si sono alternati nel corso del pomeriggio, tra docenti universitari, rappresentanti di associazioni di categoria, politici, manager e imprenditori, con lo scopo di rispondere a un interrogativo comune: quali cambiamenti devono attuare le imprese agroalimentari per restare competitive e uscire definitivamente dalla crisi?  

Tra i primi ad intervenire Francesca Petrini, portavoce nazionale CNA Agroalimentare, la quale ha evidenziato il peso ricoperto dal settore agroalimentare – includendo il produttore iniziale, la distribuzione e la somministrazione finale – nel sistema economico nazionale, costituendo circa il 15% del Pil.

Nonostante ciò, si tratta di un settore molto frammentato, composto in prevalenza da unità molto piccole, non attrezzate, a livello strutturale, per affrontare le sfide imposte dal mercato.

Occorre intervenire sul modello organizzativo delle imprese, favorendo l’aggregazione tra tutti gli stakeholder: l’unità di sistema potrà agire da stimolo per innescare la trasformazione”, ha affermato Petrini.  

L’agroalimentare italiano è in grado di offrire prodotti di qualità. Questa capacità deve essere preservata, ampliando i livelli di export. La qualità è l’elemento che permette di differenziare i prodotti italiani da quelli esteri, valorizzando le eccellenze locali.

In quest’ottica, assumono un’importanza crescente le certificazioni, garanzia di qualità sia a proposito dei processi di lavorazione che delle materie prime utilizzate.

La certificazione – ha sottolineato Marcello Serafini Amministratore Unico di 3A Parco Tecnologico dell’Umbriaconsente di attestare le caratteristiche e la provenienza di un prodotto.

È un aspetto decisivo ormai, perché il consumatore si fida delle certificazioni. Se un’azienda paga per essere controllata, questo non può che costituire un valore aggiunto, che i consumatori sono in grado di percepire”.

Strettamente correlato a questo aspetto, vi è il ruolo della etichettatura. Secondo Dino Scanavino, Presidente CIA Agricoltori Italiani, “lo scopo dell’etichetta non è quello di dare informazioni dettagliate, ma di promuovere il prodotto.

Specificare tutto nell’etichetta significa non etichettare nulla, per cui la certificazione deve avvenire su base volontaria. Soltanto laddove un’azienda decida autonomamente di sottoporsi a una valutazione esterna, rigorosa e trasparente, si è certi di essere di fronte a un circuito di controllo valido”.  

Un aspetto su cui la trasformazione aziendale non può essere più rinviata è quello della sostenibilità. A maggior ragione perché tale dimensione sta acquisendo un ruolo centrale anche nei mercati finanziari, guidando le decisioni di investitori ed enti creditizi.

Come ha spiegato Mauro Alfonso, AD Simest, “gli investitori stanno orientando i propri investimenti verso operazioni sostenibili, per cui questo fattore sta diventando sempre più decisivo nell’accesso al credito. Interventi in quest’ottica devono essere accompagnati da una spinta alla digitalizzazione.

Come? Da un lato, le imprese devono essere in grado di presentare e vendere la propria offerta tramite canali digitali; dall’altro, devono saper tradurre in informazioni digitali le caratteristiche distintive dei loro prodotti”.  

La sostenibilità è efficace solo se coinvolge tutti i soggetti che fanno parte del settore interessato. A tal proposito, secondo Luca Mattioni, Vice Presidente di Colfiorito, “è importante riuscire a costruire una filiera produttiva consapevole: tutte le imprese, anche i piccoli produttori locali, devono essere capaci di comprendere l’impatto delle loro attività sull’ambiente.

Affinché ciò sia possibile, è necessario un mutamento culturale, che deve essere favorito attraverso opportuni processi formativi”.  

La conclusione del forum è stata affidata a Oscar Farinetti (Eataly) che, con il suo famoso ‘ottimismo’, ha portato una ventata di entusiasmo.

Ottimismo significa essere convinti che i problemi possano essere risolti. Essere pessimisti è solo un alibi per nascondere la pigrizia.

Al contrario, nonostante le difficoltà economiche siano enormi e maggiori rispetto a qualsiasi altro Paese europeo, ritengo che il nostro Paese abbia tutte le potenzialità per uscire più forte dalla crisi.

Tutti i protagonisti della filiera agroalimentare, dal piccolo produttore al ristorante stellato, ne usciranno migliori. Se perdiamo anche solo un tassello di questa filiera, perdiamo la spina dorsale del nostro Paese, e non possiamo permettercelo”, ha affermato Farinetti.  

Molti altri relatori si sono succeduti nel corso del forum proponendo spunti e riflessioni interessanti.

Secondo la Sen. Fiammetta Modena (Forza Italia), vista la crisi attuale, è necessario “aiutare le realtà industriali che sono meno attrezzate ad affrontare le sfide attuali, affinché possano adeguarsi ai mutamenti imposti dal mercato, avviando processi di modernizzazione”.

Dello stesso avviso anche l’on Filippo Gallinella (M5S), secondo il quale, nel settore agroalimentare, “produttori e distributori devono lavorare in sinergia, in modo da mettere in campo una strategia politica efficace”.  

Angelo Frascarelli (Università di Perugia), ha invitato le imprese del comparto agroalimentare ad aderire alla strategia “Farmy-to-fork” promossa dall’UE, “necessaria per porre in essere una filiera del cibo sostenibile, sano, sociale ed equo, capace di rispondere alle esigenze che provengono dai consumatori, i quali invocano una transizione ecologica”.

Posizione condivisa anche da Maria Grazia Mammuccini (Federbio), che ha sottolineato come “i cittadini si stiano orientando verso un consumo più consapevole ed equo; questo fenomeno deve essere accolto come un’opportunità, anche perché la dimensione ambientale fa parte del nostro patrimonio nazionale”.  

Per un’azienda, come ha spiegato Giulia Giuffrè (Irritec),“essere sostenibile vuol dire innanzitutto creare profitto e valore, ma anche salvaguardare le risorse ambientali adottando un approccio di lungo periodo”.

Pertanto, ha affermato Maura Latini, AD di Coop Italia,le aziende del settore agroalimentare devono mostrare capacità di cambiare, in modo da potersi adeguare alle sfide attuali, agendo in sinergia”.

Secondo Domenico Mauriello, Segretario Generale Assocamerestero, il settore dell’agroalimentare deve agire su due leve primarie: “da un lato, sfruttare le potenzialità del digitale per promuovere l’export dei prodotti made in Italy, dall’altro combattere l’Italian Sounding, ossia i prodotti venduti per italiani pur non essendo autentici”.

Ciò implica, come ha suggerito Sandro Gambuzza, VicePresidente Confagricoltura, la necessità di “aumentare la produzione di qualità, sia per tendere all’indipendenza interna sul piano alimentare, sia per aumentare i livelli di export delle eccellenze italiane”.

(Da sx Giovanni Giorgetti, Lino Enrico Stoppani e Febo Leondini)

Uno sguardo volto al futuro è essenziale perché, come ha affermato Febo Leondini (Italgrob), “la pandemia ha imposto cambiamenti fondamentali nei modelli di business, generando un ampliamento dei confini competitivi, nonché una trasformazione del modo di mangiare e di gestire la socialità”.

Come ha evidenziato Nicola Bertinelli (Consorzio Parmigiano Reggiano), “il mercato di oggi impone di vendere non solo il prodotto più buono, ma anche quello percepito con maggior valore.

Pertanto, i valori di riferimento per il futuro dovranno essere territorio, ambiente, benessere degli animali, comunità e salute del consumatore”.  

Il cambiamento dovrà inevitabilmente comportare un rafforzamento della dimensione digitale delle imprese perché, come ha sottolineato Erika Andreetta, partner PwC Italia,“la pandemia ha provocato cambiamenti importanti nei canali di acquisto dei generi alimentari, generando una forte crescita degli acquisti online, tendenza che verrà confermata anche nella fase post-pandemia”. 

A proposito di etichettature, strumento importante per tutelare la qualità dei prodotti, secondo Salvatore De Meo (Europarlamentare – PPE), “dovrebbero avvenire soltanto su base volontaria, poiché il loro scopo è quello di orientare il cittadino verso un consumo sostenibile, ma non possono trasformarsi in un fardello che aggrava il lavoro dei produttori”.

Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, ha posto l’accento sull’urgenza di salvare il settore della ristorazione, “il quale sta scontando una grave crisi di fatturato e occupazionale, ma rappresenta uno dei maggiori fattori attrattivi per il turismo degli stranieri, per cui deve essere tutelato”.

Nel settore vinicolo, come ha evidenziato Giovanni Busi (Consorzio Vino Chianti), “per le piccole aziende il momento è drammatico: per uscirne è fondamentale ristrutturarle, ma per farlo servono investimenti e, quindi, poter avere migliore accesso al credito”.

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