Fumarola (Cisl): “La formazione è il nuovo articolo 18: giovani e donne per dare futuro al Paese”

(Daniela Fumarola, segretaria confederale della Cisl)
La segretaria confederale della Cisl a CUOREECONOMICO: “L’occupazione a tempo determinato cresce perché chi ha trovato competenze le ha tenute: dunque serve invogliare donne e giovani alle materie Stem. Senza questo, sarà sempre più complicato. Ma il loro ingresso nel mondo del lavoro non basta: bisogna fare in modo che restino”
L’Italia alla sfida del Pnrr da mettere a terra, stretta fra ritardi e rimodulazione. Ma anche un’inflazione che non scende e rende tutto più complicato anche sul fronte delle politiche del lavoro.
A farne le spese oltre a famiglie ed imprese sono anche i giovani – per i quali gli scenari in chiave futura sono sempre più foschi – e le donne.
L’Italia è agli ultimi posti per occupazione femminile e l’attuale situazione non è certo da stimolo per investire su azioni concrete che favorisca il loro inserimento lavorativo.
Temi caldi che CUOREECONOMICO ha affrontato con Daniela Fumarola, segretaria confederale della Cisl: “Serve una governance partecipata per gestire il Pnrr: lo diciamo perché pensiamo che partecipare attivamente a questi processi sia il modo più adeguato per dare risposte migliori” dice la leader sindacale, che aggiunge: “Senza giovani avremo presto un problema pensionistico e la denatalità aggrava la situazione”.
Il Governo ha presentato recentemente alla Ue una proposta di rimodulazione del Pnrr, con lo spostamento di alcuni obiettivi sui altri fondi europei. Vi preoccupano il ritardo nell’attuazione e le modalità con cui è stato riformulato?
“Noi continuiamo a dire che il Pnrr è l’ultima possibilità che abbiamo di rimettere insieme il Paese. Quello che a noi interessa è che la messa a terra dei progetti possano generare introiti in grado di dare risposte alle persone che le attendono.
Nello specifico delle mie competenze che sono giovani e donne, sono le categorie che più di altri hanno pagato il prezzo più alto durante la pandemia. Non a caso il Pnrr li inserisce, insieme al Sud fra le condizionalità: questi tre elementi, soprattutto al Meridione, si concentrano nelle stesse persone.
Serve una governance partecipata per gestire il Pnrr: lo diciamo perché pensiamo che partecipare attivamente a questi processi sia il modo più adeguato per dare risposte migliori.
Abbiamo bisogno di lavoro, ma questo nasce dagli investimenti. Ci vuole lavoro, sicuro e stabile, che possa far entrare nel mercato del lavoro giovani e donne: significa dare una prospettiva al welfare, al sistema previdenziale e in generale al Paese”.
Ma l’Italia non è un Paese per giovani. Fra le nuove generazioni c’è voglia di fare impresa, ma trovano tanti ostacoli. Prima fra tutti quelle relative all’accesso al credito. Poi c’è la questione del ricambio generazionale, dove l’Italia non brilla…
“Il tema dei giovani va declinato in diversi modi. C’è chi ha attitudine all’imprenditorialità, ma non tutti. Il problema vero è quello delle risorse economiche, a cui si unisce quello della mancanza di competenze, di qualifiche professionali.
Il dato che registriamo dell’aumento dell’occupazione a tempo indeterminato è dovuto al fatto che le imprese che hanno trovato professionalità, se le sono tenute.
La chiave è la formazione, è questo il nuovo articolo 18, come dice il nostro segretario Sbarra: formazione continua che serve per aggiornarsi, migliorare le competenze, acquisirne di nuove. Ma significa anche invogliare donne e giovani alle materie Stem. Senza questo, sarà sempre più complicato per il mercato del lavoro.
Poi c’è un’altra questione: quei giovani che le competenze ce l’hanno, vanno all’estero perché trovano trattamenti economici e professionali migliori rispetto a quelli che abbiamo qui. Bisogna lavorare tutti insieme per raddrizzare queste storture e dare la possibilità ai giovani di restare, altrimenti perdiamo capitale umano.
Senza contare che senza giovani, presto avremo un problema sul fronte previdenziale. A questo si aggiunge la denatalità. Non si fanno figli perché non c’è la possibilità di mantenerli senza un lavoro stabile e ben contrattualizzato”.
Il Governo ha proposto un assegno per le donne che fanno almeno due figli. Basta questo come incentivo?
“Abbiamo un grande problema, che è quello di creare le opportunità per fare entrare le donne nel mondo del lavoro. Poi ne abbiamo un secondo, che è quello di farle rimanere. Mi riferisco al gender-pay gap, la differenza salariale di genere.
La difficoltà delle donne è che non possono accettare straordinari, non possono accettare progressioni di carriera o trasferte perché devono badare anche alla famiglia e questo mal si concilia con la crescita professionale ed economica.
Bisogna risolvere contestualmente l’offerta dei servizi, rendere la genitorialità praticabile e fare in modo che il peso della cura non si chiami donna bensì “famiglia”.
Quanto le preoccupa in questo contesto il fatto che i mutui stanno schizzando alle stelle?
“Abbastanza perché non tutti possono permettersi l’acquisto completo della casa o di un locale. Così come ci preoccupa molto l’inflazione, con tutte le sue conseguenze.
Per questo fra tutte le misure da noi proposte cerchiamo di far comprendere che questi due problemi hanno impoverito le famiglie. Oltre all’aumento dei tassi di interesse, è una questione di sostenibilità delle famiglie: il carrello della spesa è sempre più vuoto ma costa sempre di più.
Occorre una nuova politica dei redditi che restituisca a lavoratori, pensionati e famiglie il valore del potere d’acquisto di salari e pensioni”.
Di Emanuele Lombardini
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